Confesercenti: «Chiudono le pmi?
Rischia di chiudere anche l'Italia»

«Se chiudono le pmi rischia di chiudere anche l'Italia». Anche a Bergamo Confesercenti ha lanciato il suo grido d'aiuto al governo. E lo ha fatto con una conferenza stampa tenuta in contemporanea in tutte le sedi italiane.

«Se chiudono le pmi rischia di chiudere anche l'Italia». Così Giorgio Ambrosioni, presidente di Confesercenti Bergamo. Anche nella nostra città Confesercenti ha lanciato il suo grido d'aiuto al governo: lo ha fatto con una conferenza stampa tenuta in contemporanea in tutte le sedi italiane.

L'associazione lamenta il peso eccessivo di tassazione e burocrazia sulle piccole e medie imprese, ulteriormente aggravato dalla deregulation di aperture e orari decisa da Monti.

«La situazione non è delle più rosee nemmeno nella nostra provincia dove - fa notare il direttore di Confesercenti Giacomo Salvi - nel 2011 il saldo tra aperture e chiusure ha segnato una perdita di oltre trecento aziende nel settore del commercio».

La crisi e il conseguente calo dei consumi ha esasperato le difficoltà dei piccoli negozianti, «già alle prese con la concorrenza della grande distribuzione, che ora può tenere aperto ogni giorno, anche la domenica».

A livello nazionale, il bollettino è drammatico: «Negli ultimi quattro anni abbiamo perso 150 mila imprese e 450 mila posti di lavoro – sottolinea il presidente Ambrosioni –. L'aumento dell'Iva pesa solo sui negozianti: in molti casi se ne fanno carico senza riversarlo sui prezzi. La tassa di soggiorno invece danneggia il turismo e gli adempimenti burocratici provocano costi fissi di circa 1.500 euro l'anno».

Secondo i calcoli di Confesercenti, per un piccolo imprenditore con un fatturato che si aggira sui 50 mila euro, l'aumento del carico fiscale si traduce in un onere aggiuntivo oscillante tra i 3.530 e i 5.180 euro. Di qui la richiesta di un fisco più equo, basato su un regime semplificato per il «popolo delle partite Iva».

Sul tema del lavoro, Confesercenti «è a favore del contratto a tempo indeterminato, ma vanno salvaguardati i contratti a termine nei settori ad andamento stagionale come il turismo».

Di fondamentale importanza l'apprendistato, considerato la via maestra per l'accesso al lavoro. Su questo punto Confesercenti Bergamo ha avuto un ruolo da pioniere: «E' stato riconosciuto il valore dell'andare in bottega per apprendere il mestiere – spiega Ambrosioni – un principio che poi è stato esteso in tutta Italia”. Merito del “modello Bergamo”, che permette di affrontare la crisi con qualche arma in più. Il sistema di relazioni tra gli attori sociali, economici e istituzionali sta dando i suoi frutti un altro esempio è il progetto val Seriana, affrontato con sforzo comune e grande senso di responsabilità».

La via della concertazione, secondo Ambrosioni, va seguita anche sul tema delle liberalizzazioni. «Avevamo raggiunto faticosamente un equilibrio tra le esigenze dei piccoli negozi, della grande distribuzione e dei lavoratori, ma la deregulation ha fatto saltare tutto. La crisi non dà tregua ma non ha senso auspicare maggior sobrietà se poi si spinge in direzione di un consumismo sfrenato, che non rispetta gli orari e le necessità delle famiglie. Le Regioni devono riappropriarsi della competenza in materia».

Ultimo appunto sulla pubblica amministrazione. «Non ci interessa demonizzarla, ma bisogna capire che è ora di tagliare certi sprechi. Potremmo così recuperare risorse enormi da mettere a disposizione per lo sviluppo del Paese».

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