Ubi, i sindacati concordi:
minacciata la stabilità del gruppo

«È minacciata la stabilità di uno dei più grandi gruppi bancari italiani». Così i sindacati bergamaschi intervengono nel dibattito su Ubi Banca. In un documento unitario esprimono tutte le loro perplessità, le domande e le richieste.

«È minacciata la stabilità di uno dei più grandi gruppi bancari italiani». Così i sindacati bergamaschi - Cgil, Cisl e Uil - intervengono nel dibattito sul futuro di Ubi Banca. In un documento unitario esprimono tutte le loro perplessità, le domande e le richieste.

Il testo del comunicato
«Il Gruppo Ubi - scrivono nel comunicato -, frutto di una complessa fusione di sportelli della ex Bpu e Banca Lombarda, ha 19.600 dipendenti, 78.000 soci, 1892 sportelli su tutto il territorio nazionale, 185 miliardi di euro di raccolta, 9 banche reti, fra cui la Banca popolare di Bergamo, un modello di governo dualistico che prevede un consiglio di sorveglianza con funzioni di indirizzo strategico e di controllo e un consiglio di gestione.

Data la forma cooperativa Ubi ha una proprietà diffusa e ognuno dei 78.000 soci può esprimere in assemblea un solo voto, qualunque sia il numero di azioni possedute, e può portare al massimo tre deleghe.

Da qualche mese, accreditando contatti e rapporti inesistenti con il sindacato, l'onorevole Giorgio Jannone afferma di avere già la maggioranza dei soci e ha iniziato una sua personale battaglia contro l'attuale dirigenza del Gruppo Ubi, con quali obiettivi non è dato sapere.

Ci interessa poco discutere sulle persone, perché questa vicenda sembra essere una resa dei conti tutta interna al mondo imprenditoriale e/o finanziario. Quello che ci preoccupa è il futuro dei lavoratori del Gruppo, l'autonomia di Ubi, il ruolo di Ubi nei territori, il mantenimento della forma cooperativa.

Nello statuto della neo costituita Associazione azionisti Ubi Banca dell'onorevole Jannone non si fa riferimento alla natura della società che deve controllare il Gruppo. Il fatto che non si valorizzi la natura cooperativa di Ubi significa che non si esclude di trasformarla in una Spa, una società per azioni, pronta per essere venduta sul mercato al miglior offerente.

Le questioni che noi poniamo sono essenzialmente cinque:
- noi chiediamo che la forma cooperativa, sulla quale si è fondata la Banca Popolare di Bergamo, poi la Bpu e ora Ubi  sia mantenuta.
- il Gruppo si deve aprire a tutti i “portatori di interesse”, dagli azionisti, al territorio, ai dipendenti prevedendo la loro partecipazione alle scelte di strategia aziendale.
- il modello federale ha bisogno di essere rivisto, vanno eliminati gli sprechi e i doppioni, allo stesso tempo valorizzando la vicinanza con il territorio.
- il presidente Zanetti, in scadenza nel 2013, deve farsi promotore di un forte rinnovamento del gruppo dirigente. Occorre superare il dualismo Bergamo-Brescia, guardare esclusivamente alle competenze, ai profili professionali, alla capacità di visione internazionale.
- valorizzazione e promozione delle risorse interne al Gruppo.

Noi chiediamo, da una parte, la valorizzazione e la tutela dei lavoratori, dall'altra il rafforzamento ed il rilancio di un importante ruolo di sostegno e di supporto, da parte di un gruppo così importante per il territorio, all'economia, alle imprese, alle famiglie bergamasche e ai territori dove Ubi è presente.

Ai segnali allarmanti di una generalizzata stretta creditizia verso le imprese, stretta che rischia di produrre gravi ricadute sui tutti i settori produttivi già colpiti dalla crisi economica e finanziaria con ulteriori conseguenze negative per l'occupazione, occorre rispondere con uno sforzo particolare da parte delle banche del territorio per garantire la continuità produttiva, l'occupazione e lo sviluppo locali». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA