Sicurezza, l’edilizia chiede una rete

Servono maggior coordinamento degli enti del settore e interventi sulla formazione

Sul fronte della prevenzione e della sicurezza in edilizia, Bergamo è in prima linea. Chiede però che le imprese non vengano abbandonate a loro stesse nella soluzione delle difficoltà, ma si attuino politiche condivise da tutti i soggetti coinvolti. Questo il messaggio lanciato al convegno nazionale sull’edilizia, arrivato a conclusione delle iniziative della «settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro», e organizzato da Comitato paritetico territoriale artigiano Bergamo (Cpta), Comitato paritetico territoriale (Cpt), in collaborazione con Regione, Asl, Ospedali Riuniti, Associazioni medici competenti, Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, con il patrocinio del Politecnico di Milano, Università di Bergamo, Comune e Provincia di Bergamo. «Noi tutti – ha esordito Ottorino Bettineschi, presidente del Cpt di Bergamo – crediamo che affrontare le problematiche insieme, permetta di far crescere un modello condiviso che sia più incisivo sulle regole inerenti la sicurezza. Un modello che ha già reso possibile alcune iniziative importanti: dalle azioni per prevenire le cadute dall’alto alle linee guida per i piani di sicurezza, fino alla costituzione di un gruppo di lavoro nell’ambito della realizzazione del nuovo ospedale di Bergamo».

«Su questo fronte – ha aggiunto Ermes Mazzoleni, presidente del Cpta di Bergamo – Bergamo ha fatto molto, ma molto resta ancora da fare. È come se in questi anni avessimo costruito una casa, cui ora mancano le rifiniture per renderla fruibile e comoda. Questo sarà il nostro impegno del futuro». Molti i rappresentanti politici e delle istituzioni cittadine intervenuti per portare il proprio saluto. Tra questi il viceprefetto aggiunto Beaumont Bortone, l’assessore provinciale al Lavoro, Giuliano Capetti, l’assessore all’Edilizia privata del Comune di Bergamo, Roberto Trussardi, il direttore generale degli Ospedali Riuniti, Stefano Rossattini e il senatore Valerio Carrara.

Concluse le tre sessioni di lavoro dedicate all’analisi dei bisogni, alle prospettive e alle proposte, nel pomeriggio si è aperta la tavola rotonda coordinata da Cesira Macchia, professore ordinario di Tecnologia dell’architettura del Politecnico di Milano. «Il primo passo da fare – ha esordito Giuseppe Colleoni dell’Ance – è convincere gli imprenditori che la sicurezza è un patrimonio di tutti. A questo tema il settore edile ha dedicato più tempo e denaro rispetto a qualsiasi altro settore manifatturiero. Ci serve aiuto per combattere la concorrenza sleale provocata dal proliferare del lavoro nero e degli avventurieri». Già, perché ogni anno in Italia nascono 35 mila nuove imprese edili. «Qui sta il problema – è intervenuto Guido Pesaro del Cna –: è troppo facile diventare imprenditore edile, dal momento che è sufficiente sostenere una minima spesa per l’iscrizione alla Camera di commercio. Oggi diventa necessario l’inserimento dell’obbligatorietà di un percorso formativo per i nuovi ingressi».

«Il 60% degli infortuni nell’edilizia – ha sottolineato Franco Turri, della segreteria nazionale Filca-Cisl – è riconducibile ad errori di progettazione. Va da sé, che il primo intervento da programmare è quello relativo alla formazione di ingegneri, architetti e geometri. Bisogna pensare ad un sistema che sposti la concorrenza dai costi alla qualità». La formazione del committente pubblico – ha aggiunto Bruno Pesenti, della Regione Lombardia – «è fattibile oltre che doverosa». Formazione dell’imprenditore e del lavoratore che assume un aspetto di particolare importanza in un momento in cui la manodopera è rappresentata da una eterogeneità di etnie e culture. E in un ambiente purtroppo in cui il lavoro nero rimane all’ordine del giorno. «Per ostacolare il fenomeno del sommerso – ha proposto Marco Cicerone della segreteria Uil di Bergamo – perché non introdurre sistemi di videosorveglianza?».

«Rimane il fatto però che nonostante gli sforzi fatti – come evidenziato da Alessandro Fusini, della segreteria provinciale Fillea-Cgil – il numero degli infortuni, benché diminuito rispetto al passato (nel 2000 si verificarono 26 incidenti mortali, ndr), resti alto». Dall’inizio dell’anno si sono registrati 10 infortuni mortali (contro gli otto dell’interno 2003), quattro dei quali riconducibili al settore edile. Ammontano invece a 53, i casi che nel 2003 hanno superato i 270 giorni di malattia. «La sicurezza – ha concluso Mario Alvino, direttore aggiunto divisione Sicurezza del Ministero del lavoro – è l’effetto di una situazione organizzativa pensata alla necessità di garantire determinati standard».

(23/11/2004)

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