Paolo Agnelli guida la fronda
«In Confapi bisogna cambiare»

È il vento della scissione quello che spira sulla Confapi nazionale. Troppo lontana dai reali problemi e dalle strette necessità delle imprese: una mancanza politica pesante che diventa colpa gravissima se fotografata nell'attuale contesto economico congiunturale di crisi.

È il vento della scissione quello che spira sulla Confapi nazionale. Troppo lontana dai reali problemi e dalle strette necessità delle imprese: una mancanza politica pesante che diventa colpa gravissima se fotografata nell'attuale contesto economico congiunturale di crisi.

Ed è per questo che urge una decisa strambata del movimento. Che qualcuno vuol far coincidere con un cambio al timone, dato che allo skipper si contesta di non essere stato in grado di governare accuratamente la barca.

L'ammutinamento in Confapi (mantenendoci nel gergo marinaresco) ha una regia bergamasca: Paolo Agnelli, imprenditore di Lallio patron dell'omonimo gruppo dell'alluminio, presidente di Apindustria Bergamo e di Confapi Lombardia. Da oltre un anno capofila del dissenso all'interno di Confapi nazionale rispetto alla gestione dell'attuale presidente Paolo Galassi. E da oltre un anno catalizzatore di questi mal di pancia diffusi in gran parte dei territori industriali della media imprenditoria di Lombardia, Veneto ed Emilia.

«Rappresentiamo la parte importante dell'industria manifatturiera nazionale - spiega con piglio deciso Paolo Agnelli -: le 12 associazioni territoriali lombarde, venete ed emiliane che condividono questa visione rappresentano il 45% dei voti all'interno del sistema di Confapi nazionale, ma, soprattutto, rappresentano il 60% della contribuzione all'organizzazione. Quello che non condividiamo è l'atteggiamento da "politica romana" che la confederazione ha dimostrato finora: rimarcato dall'assenza completa dal panorama nazionale sui tavoli che contano. Quando, invece, occorreva essere presenti. E ciò, nonostante le raccomandazioni che più e più volte abbiamo fatto pervenire. E, a questo punto, se a Roma nulla cambia, cambieremo noi».

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