Morti bianche in aumento
«1° Maggio per riflettere»

«Siamo consapevoli del fatto che il primo maggio sia, e debba rimanere, un giorno di festa. Ma per chi si occupa di sicurezza è inevitabile compiere una riflessione per commemorare chi al lavoro ha perso la vita». A dirlo è il presidente dell'Osservatorio sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, Mauro Rossato.

«Purtroppo le morti bianche sono e rimangono cronache e tragedie quotidiane. E la situazione quest'anno sembra continui a peggiorare. Nel primo trimestre infatti, le vittime sono aumentate del 25 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010 (da 91 sono passate a 114). Recentemente, poi, nella settimana che va dal 18 al 24 aprile, nel nostro Paese hanno perso la vita ben 17 lavoratori.

E questo è solo uno degli ultimi e più tristi capitoli narrati attraverso i dati raccolti ed elaborati dal nostro Osservatorio Sicurezza sul Lavoro. Inevitabile, dunque, che sia lo sconforto a vincere in questa giornata per chi opera nel settore della tutela e della formazione dei lavoratori. Perché le sciagure si ripetono quotidianamente e più volte al giorno, da Nord a Sud, in un dramma che, appunto, non conosce confini.

Così, a fine marzo, sullo scoraggiante podio delle regioni che contano il maggior numero di vittime, accanto alla maglia nera della Lombardia (16 morti) e all'Emilia Romagna (15), ci sono anche il Piemonte (14), la Sicilia (11), la Campania (9) e il Veneto (7). Una vera emergenza che pare continui ad essere sottovalutata, nonostante le discipline molto chiare sul fronte della sicurezza in ogni settore. Nonostante i percorsi di formazione disponibili, talora addirittura gratuiti, o in parte finanziati dalle pubbliche amministrazioni per chi opera in condizioni di rischio quotidiano.

Sì, perché le leggi ci sono e devono (dovrebbero) essere rispettate. A cominciare da alcuni datori di lavoro che, non applicando le norme di sicurezza danneggiano anche chi invece le rispetta e creano situazioni di sleale concorrenza. Spetta infatti ai datori di lavoro il compito di indirizzare i collaboratori ad operare con professionalità e nel totale controllo delle proprie azioni. Ma è evidente, dal gremito diario delle morti bianche, che vi sono delle gravi lacune.

E non si tratta di mancanze a livello normativo – la disciplina c'è ed è esaustiva in materia – bensì di cultura della sicurezza. La conferma, del resto, giunge dalle statistiche del nostro Osservatorio Sicurezza sul Lavoro. Uno stillicidio, soprattutto nel settore edile e in agricoltura. E a testimoniarlo sono ancora i dati di quest'anno. Nel primo trimestre 2011 il 35,1 per cento delle vite si è spezzata proprio nei campi con punte del 46,2 per cento a Nordest, nei cantieri il 22 per cento.

Ma il dato più disarmante è che sono i lavoratori più esperti quelli che con maggior frequenza entrano nell'epigrafe delle morti bianche. Ciò significa che l'esperienza contribuisce ad abbassare pericolosamente i livelli di guardia e, contemporaneamente, fa presumere che il supporto formativo continuo sia a dir poco carente. Le trincee del lavoro sono troppo esposte al rischio di infortuni mortali. E gli appelli alla sicurezza, anche quelli più forti ed eclatanti da quello del Presidente della Repubblica a quello del Papa, sembrano non essere sufficienti a creare delle barricate efficaci in tal senso.

Per questo sarebbe opportuno invocare una strategia concreta che parta dalla classe dirigente politica del Paese. Che imponga il rispetto degli obblighi e dia seriamente applicazione agli strumenti sanzionatori per dissuadere chi ne ha la responsabilità dal disertare le basilari norme di sicurezza nei luoghi di lavoro. Sarebbe un buon inizio se tutto questo cominciasse il primo maggio».

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