Economia / Bergamo Città
Lunedì 07 Febbraio 2011
Lavoro, la Cgil: «Raccogliamo
l'appello del vescovo Beschi»
«Raccogliamo l'appello del vescovo di Bergamo, Francesco Beschi: daremo il nostro contributo al convegno che sarà organizzato dalla Chiesa di Bergamo sul lavoro come valore, sul lavoro come diritto». Così Luigi Bresciani, segretario della Cgil.
«Raccogliamo l'appello del vescovo di Bergamo, Francesco Beschi: daremo il nostro contributo al convegno che sarà organizzato dalla Chiesa di Bergamo sul lavoro come valore, sul lavoro come diritto».
Con una lettera aperta Luigi Bresciani, segretario generale provinciale della Cgil di Bergamo, risponde all'appello del vescovo Francesco Beschi e assicura che la Cgil farà la sua parte. Dell'iniziativa il vescovo aveva parlato in occasione del Consiglio pastorale diocesano riunito venerdì scorso al Centro Congressi XXIII.
«Sono - scrive Bresciani - parole importanti, così come la riflessione che, da tempo, la Chiesa cattolica svolge sul lavoro e sul rapporto con la globalizzazione, con il mondo che cambia. Una discussione sul lavoro come valore non può prescindere dalle condizioni economiche che lo rendono possibile e quindi dalla necessità della crescita e dello sviluppo economico senza il quale non c'è benessere. Allo stesso tempo se parliamo di valori il riferimento per noi è lo Statuto dei lavoratori. Lo Statuto ha 40 anni ed è una legge viva e vitale, costruita intorno ai principi universali di libertà, uguaglianza e giustizia sociale, valori “senza tempo”, sanciti solennemente dalla nostra Costituzione. Lo Statuto è figlio della Carta costituzionale: il lavoro, il suo valore sociale, il suo messaggio di liberazione, emancipazione e solidarietà, ne sono il comune fondamento».
«Da più parti - prosegue - oggi, in nome di un preteso senso della “modernità e del progresso”, si tenta di stravolgere e modificare lo spirito di quella legge. Noi crediamo che nessun cambiamento delle regole fondamentali in esso contenute sia possibile; è possibile intervenire e aggiornare norme segnate dal trascorrere del tempo e dalle profonde modifiche intervenute nel mondo globale, ma mai stravolgere lo spirito di quella legge. Lo Statuto dei lavoratori è stato uno spartiacque di civiltà nella storia italiana, la più incisiva riforma del lavoro e dell'impresa realizzata nel nostro Paese. E' stata ed è una legge di forte impatto pratico e simbolico, che ha ridotto l'autoritarismo padronale nei luoghi di lavoro ed ha esteso i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Semmai andrebbe aperta una discussione sulla eventuale estensione dello Statuto alle nuove figure contrattuali “atipiche”, esplose negli ultimi anni nel mercato del lavoro, perché una discussione vera sul lavoro deve affrontare il nodo delle condizioni di lavoro all'interno di tante, troppe aziende dove vengono quotidianamente calpestati diritti e dignità».
«Ringraziando il vescovo Beschi - termina la lettera aperta - per la grande sensibilità che sempre dimostra nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, mi piace concludere ricordando Giuseppe Di Vittorio che nel 1952 diceva: “È vero che le aziende sono di proprietà privata, non per questo i lavoratori divengono anch'essi proprietà privata del padrone all'interno dell'azienda. Il lavoratore, anche sul luogo di lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata e di cui si possa disporre a piacimento. Anche sul luogo di lavoro l'operaio conserva intatta la sua dignità umana”. Se globalizzazione deve significare, in nome della competitività e delle leggi del mercato, smantellare quei diritti frutto di anni di lotte e di sacrifici dei nostri padri noi non lo permetteremo, perché non è attraverso la diminuzione dei diritti in Europa che aiutiamo quei paesi che, con fatica e difficoltà, stanno avviando una nuova stagione di emancipazione e di conquiste democratiche».
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