Cisl: distretto del legno in crisi
«Sì al federalismo produttivo»

La situazione del distretto del legno in Val Brembana è facilmente riassumibile in due numeri: su 1.158 addetti, 787 lavoratori sono coinvolti a vario titolo da contesti di crisi. Uno stallo che non risparmia anche i «gioiellini» della produzione brembana: Scaglia, Indeva, Lodofin, Novem.

Diverso il discorso per altre preziose realtà, come Arditi e Minelli, che nonostante acque molto agitate riescono ancora a resistere ai «marosi» della crisi. «La crisi attuale - sottolinea Gabriele Mazzoleni, segretario generale della Filca Cisl bergamasca - rivela alcune debolezze, da molto tempo nascoste. La flessione preoccupante del settore del legno nella Val Brembana, eccellenza riconosciuta a livello internazionale, non è causata soltanto dalla tremenda congiuntura internazionale e dal blocco del mercato nazionale».

«La Val Brembana è una vittima predestinata, da anni dimenticata dal tavolo di programmazione delle grandi opere infrastrutturali e dal governo integrato del territorio. Già da tempo alcune importanti aziende hanno tolto le tende dalla valle per costruire impianti più moderni in altre aree della bergamasca. Forse prima dei dati negativi del 2009, delle chiusure, dei licenziamenti, della cassa integrazione straordinaria, è onesto descrivere il vuoto politico e di programmazione economica che ha condannato la valle».

«Negli ultimi quindici anni - prosegue Mazzoleni - la Regione Lombardia non ha impegnato fondi straordinari per le aree a viabilità complessa né ha definito alcun distretto protetto: sarebbe giusto programmare il federalismo produttivo prima del federalismo fiscale. Senza produzione, senza occupazione, senza movimento di persone e merci il mercato collassa e la fiscalità è retta solamente dalla minoranza della popolazione. Quindi più che federalismo fiscale serve urgentemente il federalismo destinato alle eccellenze lombarde, senza demagogia, senza retorica».

I dati dell'ultimo anno sono drammatici. Anche l'avvio di quest'anno è altrettanto disperante. «Le colpe della crisi e della mancata ripresa del mercato sono certamente delle disgrazie non prevedibili, ma la scarsa attenzione alla mobilità, alla viabilità dedicata al commercio delle materie prime e dei prodotti finiti sono da anni la malattia che rischia di uccidere lo sviluppo della Val Brembana e delle altre valli bergamasche».

«La proposta potrebbe essere una fiscalità di vantaggio per impedire la chiusura e l'emigrazione delle imprese che ancora rimangono in valle, mentre occorre subito la decisione di difendere e promuovere la tradizione di eccellenza e di piccole e piccolissime imprese che caratterizzano il territorio di Bergamo, attraverso una nuova programmazione territoriale condivisa e concertata con le parti sociali e le associazioni industriali».

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