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Martedì 19 Maggio 2015
Un cuore spinato di mais
Il Mais Spinato di Gandino è l’eccellenza di punta che Bergamo sta presentando a Expo Milano 2015. L’antica varietà giunta a Gandino nel 1632 è infatti presente presente alla vetrina internazionale in maniera trasversale, grazie all’articolato progetto di valorizzazione che pone in evidenza aspetti scientifici, didattici, enogastronomici e di promozione territoriale.
È unico, inimitabile e buono. Anche, e soprattutto, per questo… è sulla bocca di tutti.
Il Mais Spinato di Gandino è l’eccellenza di punta che Bergamo sta presentando a Expo Milano 2015. L’antica varietà giunta a Gandino nel 1632 è infatti presente presente alla vetrina internazionale in maniera trasversale, grazie all’articolato progetto di valorizzazione che pone in evidenza aspetti scientifici, didattici, enogastronomici e di promozione territoriale. A sottolineare come questa articolazione possa diventare paradigma di sviluppo c’è dallo scorso marzo il volume “Cibo e identità locale - sistemi agroalimentari e rigenerazione di comunità” di Michele Corti, Sergio De la Pierre e Stella Agostini, edito dal Centro Studi Valle Imagna.
In oltre cinquecento pagine di approfonditi studi comparativi, i tre studiosi ricostruiscono alcuni “modelli” esemplari, in cui la difesa e la valorizzazione del patrimonio legato ai sistemi agroalimentari locali, ha innescato processi virtuosi di rigenerazione comunitaria. All’insegna di proposte autosostenibili. Vengono messi in relazione sei sistemi agroalimentari lombardi di eccellenza: il mais spinato di Gandino, lo stracchino all’antica di Corna Imagna, il grano saraceno di Teglio (So), il vitigno urbano Pusterla di Brescia, l’asparago di Mezzago (MB) e il bitto della Val Gerola (So).
A partire da una ricerca sul campo ampia e approfondita, Corti, De La Pierre e Agostini segnalano progetti non omologati ai modelli dominanti che hanno alla base innanzitutto una vera e propria filosofia. «Coloro che oggi riscoprono i valori e le attività agricole di un tempo – è il senso complessivo dell’opera – non sono inguaribili nostalgici pronti a difendere isolati presidi territoriali, ma al contrario rappresentano un’avanguardia vivace e vitale del nuovo modo di porsi rispetto al territorio, e una qualità di vita e relazione che investe intere comunità in una progettualità nuova e condivisa».
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