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Dal clima all’innesco. L’uomo all’origine degli incendi

Il riscaldamento globale di matrice antropica influisce e le azioni dolose o colpose sono la causa di quasi tutti. Da Los Angeles ai nostri territori i fattori convergono

Almeno 27 morti e più di 16 mila strutture distrutte: è il bilancio dei recenti incendi nell’area metropolitana di Los Angeles, in California. In poche settimane è bruciata una superficie complessiva di 161 chilometri quadrati, come riporta il New York Times.

Per fare un parallelo e capirne la vastità, nemmeno il totale degli incendi in Lombardia dell’ultimo decennio è arrivato a sfiorare un’area di tali dimensioni. Tra il 2012 e il 2021, infatti, ci sono stati 1.619 incendi, per un totale di poco più di 145 chilometri quadrati. Al di là dell’estensione, però, alcuni fattori che hanno giocato un ruolo chiave nella portata distruttiva degli incendi californiani possono essere spunto per riflessioni sui nostri territori. Ciò che ha alimentato le fiamme, trasformandole in un incendio catastrofico, sono i venti di Santa Ana, venti secchi e molto caldi che, con picchi di 150 km/h, hanno privato la vegetazione di molta della sua umidità, trasformandola in un perfetto combustibile. Secondo l’agenzia americana Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration), se il surriscaldamento globale supererà la soglia di +2°C, i venti aumenteranno di velocità in media del 10%. Oltre all’azione dei venti, come riporta Roberto Buizza, professore di Fisica del sistema Terra, dei pianeti, dello spazio e del clima della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, altri fattori critici sono l’aumento delle temperature e il cambiamento del ciclo dell’acqua (e quindi sia precipitazioni, anche estreme, sia siccità), tutti legati all’azione del cambiamento climatico.

Il cambiamento climatico ha un ruolo anche negli incendi che si verificano in Lombardia. Come riporta la Piattaforma nazionale adattamento cambiamenti climatici, sugli incendi in Lombardia (e non solo) «c’è un impatto indiretto dei cambiamenti climatici dovuto alle variazioni dei regimi termopluviometrici, all’incremento della ventosità e delle fulminazioni durante gli eventi estremi, oltre che all’alterazione delle condizioni ecologiche delle foreste».

Sugli incendi nella Bergamasca fa chiarezza Stefano Enfissi, dottore forestale: «Nei nostri territori hanno interessato quasi sempre la bassa-media valle, dove sono presenti boschi cedui di latifoglie, e le zone prative o pascolive».

Con un’importante specifica: se i cambiamenti climatici possono influenzare gli incendi, per provocarli è necessario l’innesco, che in genere è di origine antropica. Spiega Enfissi: «Generalmente i nostri incendi hanno un’origine quasi totalmente legata all’azione umana, che sia dolosa o colposa». In Lombardia, come per buona parte delle regioni alpine, il periodo critico è tra il tardo inverno e la primavera. Spiega Enfissi: «Se in estate, da maggio a ottobre, le piante sono in pieno periodo vegetativo, hanno ampia disponibilità di acqua, sono ricche di linfa e pongono quindi resistenza a possibili incendi, in inverno è totalmente l’opposto, il loro contenuto idrico è ridotto al minimo e c’è viceversa molta massa secca predisposta a bruciare». La situazione sta cambiando con il mutare delle stagioni per via del surriscaldamento globale. «Anche le nostre estati sono sempre più secche, prolungate e siccitose – continua Enfissi – con condizioni favorevoli agli incendi: terreno secco, temperature alte, sole forte e venti che disidratano la vegetazione. E in questo contesto l’intervento di squadre antincendio in tenuta di sicurezza diventa molto più difficoltoso».

Squadre antincendio da supportare

Salvaguardarci dalla portata distruttiva degli incendi è possibile: perché questo avvenga, è necessaria un’azione congiunta di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi. Come riporta Ersaf nel suo report «Gli incendi boschivi. Effetti sull’ecosistema forestale in ambiente alpino e prealpino», questa funzione è attuata da Regione Lombardia direttamente o tramite le Province, la Città metropolitana, le Comunità montane e gli Enti gestori dei Parchi e delle Riserve naturali regionali, avvalendosi anche del supporto del volontariato, specificatamente organizzato, addestrato ed equipaggiato. La Regione si occupa anche delle attività di formazione e di informazione.

Come specifica, infatti, Stefano Enfissi, dottore forestale, «la prevenzione è innanzitutto predisporre tutti gli elementi affinché gli interventi siano efficaci. Parliamo, quindi, di formazione delle squadre antincendio, di attrezzature adeguate, di vasche idriche e di molto altro».

«C’è poi un tipo di prevenzione secondaria, più difficile da implementare, che è la prevenzione sul territorio – continua Enfissi – come contrastare l’abbandono dei boschi e far sì che non ci sia eccessiva necromassa a disposizione nel caso in cui si inneschino degli incendi. La realtà dei fatti è che è difficile reperire risorse da investire, per esempio, negli interventi di ripulitura dei boschi. Diventa, allora, ancora più importante supportare la capacità di intervento delle squadre antincendio».

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