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2024 negativo per la biodiversità: avifauna in pericolo

L’estinzione: il chiurlottello dichiarato sparito in Europa. Rondini, passeri, calandri, torcicolli in forte declino. Nel mondo riduzione di oltre il 70% dei vertebrati.

La notizia è recente: il chiurlo dal becco sottile, detto anche chiurlottello, in zoologia Numenius tenuirostris, un raro uccello migratore, è stato dichiarato estinto.

È quanto emerge da uno studio scientifico, pubblicato recentemente sulla rivista Ibis, International Journal of Avian Science, e condotto da scienziati inglesi e olandesi. È il primo uccello migratore scomparso in Europa, dove svernava nelle zone umide del Mediterraneo, compresa l’Italia, in diverse regioni, in particolare nel Triveneto ma anche in Lombardia, in modo prevalente negli estuari fluviali e nelle zone umide. Il declino della specie era iniziato nel secolo scorso: gli ultimi avvistamenti sono avvenuti nel 1995 nella laguna di Merja Zerga, in Marocco. Da allora non sono più state trovate tracce della sua presenza, malgrado ricerche intensive ed estensive.

Riduzione degli habitat

Gli studiosi hanno evidenziato come la scomparsa del chiurlottello sia dovuta ai soliti fattori, tra i quali la riduzione degli habitat nei luoghi di riproduzione e nei siti di sosta, le bonifiche estensive delle aree umide, l’inquinamento, le malattie, i predatori, i cambiamenti climatici e la caccia. Di fatto, nel 2024 è stata persa per sempre una specie europea unica, compresa tra le specie particolarmente protette dall’Unione europea (Allegato I della Direttiva 2009/147/CE riguardante la conservazione degli uccelli selvatici) e dalla Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica e degli habitat naturali (All. I e II).

L’estinzione di questo uccello è un chiaro segnale del degrado ambientale che, negli ultimi decenni, ha avuto una forte accelerazione in Europa: la metà delle rondini, il 65% dei passeri, il 78% dei calandri (uccelli passeriformi) e dei torcicolli (famiglia dei picchi) sono scomparsi. Una specie come la pernice bianca, già in difficoltà per i cambiamenti climatici che l’hanno fatta salire a quote altimetriche sempre più alte, continua ad essere cacciabile, il fagiano di monte, l’allodola, il cui canto estivo non si sente quasi più, e la tortora comune sono sempre più rari.

Effetti del riscaldamento

In generale, la perdita di biodiversità non accenna a rallentare. Il bilancio ambientale del 2024 in tutti i continenti è fortemente negativo. È stato l’anno più caldo mai registrato sul pianeta, con la temperatura media globale superiore di oltre 1,5°C ai livelli preindustriali. Gli effetti del riscaldamento climatico si manifestano a ogni livello, naturale e antropico, e in ogni parte della terra, con oltre 2.000 eventi estremi, come le alluvioni devastanti in diversi Paesi, tra cui la Spagna e l’Italia, nel settembre scorso anche a Bergamo. Nonostante la gravità di questi eventi, nel nostro Paese il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è rimasto fermo. Alcuni eventi sono stati disastrosi: in particolare, in Amazzonia («il polmone della terra») si è verificato il più alto numero di incendi mai registrato dal 2007, soprattutto in Bolivia; a gennaio di quest’anno si sono verificati incendi devastanti nelle aree attorno a Los Angeles.

I dati del Living Planet Report pubblicati dal Wwf nell’ottobre sorso hanno evidenziato come in cinquant’anni è avvenuta una riduzione media complessiva delle popolazioni di vertebrati in tutto il mondo pari al 73%. Uno studio appena pubblicato su «Nature» indica che circa 23.000 specie che vivono negli ecosistemi d’acqua dolce, il 24% del totale, corrono il pericolo di estinguersi nei prossimi anni.

A questi dati si aggiungono i fallimenti dei principali vertici internazionali nei quali erano poste le speranze per le possibili soluzioni, soprattutto sul fronte degli investimenti. La Cop 29 sul clima di Baku si è chiusa con un risultato deludente; la Cop 16 sulla biodiversità tenutasi in Colombia a ottobre ha tradito le attese; sul Trattato globale sul contrasto alla dispersione della plastica in natura non c’è stato accordo. La Commissione europea, a novembre, ha approvato il rinvio di un anno dell’applicazione del Regolamento Ue sulla deforestazione, che ha lo scopo di ridurre l’impatto sulle foreste di prodotti venduti nell’Ue o esportati dall’Ue. Inoltre, il Green Deal ha perso slancio con la cancellazione di molti impegni per la tutela dell’ambiente e della biodiversità. L’unica notizia positiva è stata l’adozione del Regolamento Ue sul ripristino della natura («Nature Restoration Law»), che obbliga gli Stati membri a mettere in atto, entro il 2030, interventi di restauro degli habitat degradati.

Il declassamento del lupo

In Italia la gestione dei grandi carnivori come l’orso continua a sollevare polemiche, così come il declassamento del lupo da specie particolarmente protetta a semplice specie protetta rischia di incrementare il bracconaggio e alimentare conflitti con gli allevatori. Vista la drammatica situazione ambientale attuale, sono necessarie azioni urgenti, concrete e coordinate a livello internazionale. Tra le misure è fondamentale che ogni Paese attui la propria Strategia nazionale per la biodiversità, uno strumento importante per preservare gli ecosistemi e promuovere la convivenza tra uomo e natura. Nel prossimo futuro ci aspettano sfide decisive per salvare il nostro pianeta: è indispensabile un cambio di rotta da parte delle istituzioni a tutti livelli, mettendo la salvaguardia della biodiversità al centro dell’agenda politica globale, perché ogni scomparsa irreversibile di specie animali e vegetali espone a rischi incalcolabili la natura e l’intera umanità che ne è parte.

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