Formarsi per il domani, agendo nell’oggi. Il progetto «Energie per la Casa comune» ha coinvolto diocesi, cittadini, imprese, agenzie per l’energia e territori sotto la regia di Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Il progetto ha fatto delle comunità il terreno in cui informazione e formazione nascono dall’azione comune e nell’azione comune crescono. L’energia – il modo in cui viene prodotta, distribuita e consumata – segna i nostri territori e rappresenta una parte importante della nostra convivenza.
Edifici più efficienti da Bolzano a Napoli
Ridotti consumi ed emissioni in 34 edifici in tutta Italia, coinvolgendo diocesi, cittadini e imprese sotto la guida di ENEA
«Per contrastare i cambiamenti climatici serve ambizione. E l’ambizione nasce dall’umiltà del fare quotidiano, che oggi si misura spesso, purtroppo, anche con una forma crescente di povertà energetica», spiega Benedetta Brighenti, che dirige la Rete nazionale delle agenzie energetiche locali e riveste anche il ruolo di «ambasciatrice per il clima» per la Commissione europea. «Insieme ad Enea e alla Cei ci siamo incamminati nei territori in un percorso di condivisione degli strumenti che ci aiutano a misurare le prestazioni energetiche degli edifici di comunità gestiti dalle diocesi. Misurare per capire i possibili interventi, nella consapevolezza delle risorse economiche disponibili, stabilire come priorità per efficientare i consumi e ridurre le emissioni di CO2».
Il progetto «Energie per la Casa comune»
Il progetto ha attraversato l’Italia con una costante: entrare nelle comunità nel rispetto delle loro storie per condividere una cultura comune per l’efficienza energetica e l’uso razionale dell’energia. Il focus sono stati gli immobili di proprietà delle diocesi, nella loro varietà: appartamenti, luoghi di culto, oratori, scuole, impianti sportivi. Se le regole per costruire i nuovi edifici sono ormai consolidate e hanno invertito la rotta per la nuova edilizia, la sfida vera – come ha affermato la nuova Direttiva «Case green» – è riqualificare il grande patrimonio esistente. Per farlo, gli strumenti di analisi e di approfondimento devono combinarsi con una maggiore cultura del sistema energetico e soprattutto delle possibilità tecnologiche e, ancora più, di gestione efficiente.
«La diagnosi energetica, nella nostra “casa dell’energia”, è lo spazio comune più importante», ricorda Ilaria Bertini, che dirige il Dipartimento Unità per l’efficienza energetica (Utee) di Enea. «Per ottenere un reale miglioramento dell’efficienza del patrimonio immobiliare esistente non si può prescindere da una diagnosi eseguita seguendo il corretto percorso di rilievo, raccolta dei dati e valutazione di tutte le componenti in gioco. Tra queste, spesso si sottovaluta l’impatto dei comportamenti nell’utilizzo dell’energia. Quest’ultimo deve imparare dall’efficienza e non fare dell’efficienza un pretesto per consumare di più. Ecco perché questo aspetto culturale ha estremo bisogno di esperienze di comunità come questo progetto». Il progetto si è dichiarato, nella voce di tutti i protagonisti, come la prima tappa di un lungo viaggio, che in questa prima fase ha macinato già più di mille chilometri, da Bolzano a Napoli. «Abbiamo stretto senza indugio la partnership con la Cei – aggiunge Ilaria Bertini – perché le parrocchie sono una delle reti più radicate nei nostri territori, un sistema di comunicazione storicamente caratterizzato da una forte propensione all’azione sociale e alla crescita culturale. L’azione sociale negli ultimi anni è diventata una urgenza per i temi energetici: la crisi ha portato molte famiglie sulla soglia della povertà energetica, con serie difficoltà per scaldare e raffrescare le proprie abitazioni, così come ha creato un clima di forte incertezza per le imprese».
Un progetto di cui il ministero per l’Ambiente e la Sicurezza energetica ha garantito finanziamento e forte condivisione di obiettivi. «Nella ricerca di equilibrio tra etica e tecnologia, tra progresso e rispetto per la tradizione», evidenzia il ministro Gilberto Pichetto Fratin alla presentazione dei risultati. «Questo progetto è un esempio di buone pratiche da seguire e diffondere, un messaggio di speranza e una chiamata all’azione per il bene del nostro ambiente, che condividiamo e dobbiamo custodire come la nostra Casa comune».

La Conferenza episcopale italiana ha svolto il ruolo vero di collante di questa operazione pilota. «Rispondendo alle sollecitazioni contenute nella Laudato si’ e agli appelli di Papa Francesco sul debito ecologico – sottolinea don Claudio Francesconi, economo della Cei – abbiamo avviato un processo, a livello nazionale e territoriale, che è ormai irreversibile e indispensabile per le comunità: non ci si può pensare se non insieme e non si può ragionare considerando solo il presente e il contingente».
I primi numeri di «Energie per la Casa comune» sono molto significativi proprio perché raccolti alle diverse latitudini del Paese: 34 edifici tra oratori, chiese, edifici residenziali, auditorium, asili, per una superficie totale di oltre 67 mila metri quadri e una superficie totale riscaldata di circa 57 mila metri quadri. Questo piccolo spaccato del consistente patrimonio gestito dalle diocesi si caratterizza per consumi energetici equivalenti al consumo di energia elettrica di oltre 1.100 famiglie.
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