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«Da nitrati e nitriti rischi per l’uomo»

Modonesi (Isde): «L’assunzione prolungata può dare origine alla formazione di composti cancerogeni». L’etologa Battini: «Non soffermarsi solo su capacità riproduttiva, studiare espressioni ed emozioni»

Gli elevati carichi di azoto hanno delle ripercussioni non solo dal punto di vista ambientale, perché inquinano il suolo, l’acqua e compromettono il corretto sviluppo della biodiversità: sono un pericolo anche dal punto di vista della salute. Lo testimoniano le parole del dottor Carlo Modonesi, membro del comitato scientifico dell’associazione Medici per l’Ambiente - Isde Italia, che fornisce un dato sull’attuale situazione in Europa. «Le stime sui danni generati ogni anno dalla contaminazione da azoto nell’Unione europea si attestano tra i 70 e i 320 miliardi di euro», spiega Modonesi.

«Ciò significa che, se non vengono finanziate chiare misure di policy, l’inquinamento da azoto aumenterà entro il 2050 fino a più del 150% rispetto al dato di 10-15 anni fa. I flussi di grandi quantità di composti dell’azoto nei territori determinano un grave scadimento chimico, fisico e biologico delle acque superficiali e profonde, incluse le acque per approvvigionamento umano – riferisce Modonesi –. Le dinamiche ecologiche che subentrano in questi casi innescano processi degenerativi su ampia scala, che si traducono in contesti ambientali degradati ed estremamente difficili, per non dire impossibili, da controllare. Tra questi, la perdita di biodiversità, l’eutrofizzazione, il deterioramento dei fisiologici parametri qualitativi dei sistemi acquatici e terricoli, nonché fenomeni di inquinamento delle aree rurali che si combinano con quelli degli ambienti urbani, alterando funzioni essenziali dei sistemi ecologici».

Le ripercussioni sul piano della salute possono verificarsi quando la presenza dei nitrati nell’acqua va a sommarsi a quella dei nitriti, che sono il risultato della trasformazione enzimatica dei nitrati all’interno dell’organismo operata dal sistema gastrointestinale, prosegue l’esperto. «L’assunzione prolungata di nitriti attraverso il consumo di acqua potabile può dare origine alla formazione di un gruppo di composti, noti come “nitrosammine”, il cui effetto cancerogeno, in particolare per gli organi dell’apparato digerente, è noto. Alla luce di un modello più sicuro e innovativo di protezione della salute pubblica, è raccomandabile che i valori di concentrazione di nitrati e nitriti nell’acqua vengano costantemente monitorati». Sono state introdotte, infatti, delle restrizioni sulle acque potabili «dovute proprio alla possibilità che questi composti si trasformino in agenti tossici pericolosi per l’uomo». Ad oggi «oltre al rischio cancerogeno, che si basa essenzialmente sugli effetti tossici prodotti da esposizioni ripetute nel lungo periodo, esiste un problema di tossicità acuta che riguarda la salute dei bambini, in particolare neonati e infanti», aggiunge Modonesi. «In tali fasce di popolazione, infatti, l’utilizzo alimentare, in pappe, bevande, mousse, eccetera, di acqua contaminata da nitrati può favorire l’insorgenza di una condizione patologica nota come “meta-emoglobinemia”, per cui l’accumulo di nitrati e nitriti nel sangue arriva a ostacolare il normale trasporto dell’ossigeno nell’organismo».

Ripensare l’allevamento

La strada per poter intraprendere un cambiamento e ripensare i modelli di allevamento, soprattutto intensivo, passa anche per un altro aspetto, quello del benessere animale. Ci aiuta a riflettere sul tema la docente Monica Battini, ricercatrice dell’Università Statale di Milano, specializzata in Etologia e Benessere animale.

Partiamo dalla definizione di benessere animale. «È uno stato in cui l’animale, sia fisicamente che mentalmente, si trova bene – spiega Battini –. Questo implica, però, uno sforzo, da parte dell’animale, per adattarsi a una situazione, che si riduce tanto più l’ambiente si avvicina alle sue esigenze». Da questa prima definizione, ad oggi, si è fatto un passo avanti, introducendo un concetto nuovo, ancora oggetto di dibattito, quello di «benessere positivo, dall’inglese positive welfare – prosegue Battini –, che va ben oltre lo standard di un animale ben nutrito e in salute. Si prova a rispondere alle domande “Ma gli animali davvero stanno bene? Hanno delle belle relazioni sia fra individui della stessa specie, che con gli esseri umani? Sviluppano le loro competenze di vita?”. Il concetto di “felicità” comincia, quindi, ad entrare nella scienza del benessere animale: questo implica «lo studio delle loro espressioni comportamentali e delle loro emozioni».

Per molto tempo, e ancora oggi, l’industria, specialmente quella di grandi dimensioni, si è basata sull’orientamento degli anni Ottanta, dettato dalle logiche del profitto, secondo cui il benessere coincide con una buona capacità produttiva. Tradotto: «L’animale produce e quindi sta bene, che al massimo potrebbe essere il contrario – fa notare Battini – ovvero l’animale produce perché sta bene. Non è rispettoso, in ogni caso, soffermarsi solo su questo collegamento». Il consiglio che si sente di dare alle aziende agricole è quello di «investire sulla sostenibilità ambientale, su quella economica e sul benessere dei propri animali. Evitare di imitare le grandi realtà per aumentare la redditività ma, al contrario, prediligere una filiera corta e il contatto con il consumatore finale. Così anche il lavoro diventa appagante».

Battini ha condotto numerose ricerche e studi, a livello internazionale, su come migliorare le condizioni degli animali da allevamento, ed è anche all’interno del partenariato europeo «Animal Health and Welfare», il quale mira a sviluppare un protocollo che, nel futuro, «potrebbe dirci se i nostri animali trascorrono una vita appagante». Ci sono ancora molte criticità che devono essere risolte e che rientrano nella sfera etica. «Sto studiando le emozioni degli animali e come vengono espresse in allevamento, oppure sto lavorando a sistemi “vacca-vitello” insieme, quindi non separati alla nascita, con l’obiettivo di comprendere se sarà mai fattibile tenerli insieme nel post-parto fino a una separazione naturale e graduale», conclude Battini.

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