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Mercoledì 12 Giugno 2019
Eventi estremi frequenti
La causa è l’effetto serra
Gli eventi meteorologici estremi stanno diventando sempre più frequenti. Martedì 11 giugno le valli bergamasche sono state colpite da violente grandinate, soprattutto la Valle di Scalve, la Valle Seriana e la Valle Imagna. «Per noi allevatori – spiega Giovanni Giudici, allevatore di Vilminore di Scalve e vice presidente Coldiretti Bergamo – è un danno gravissimo. Dovremo riprogrammare tutta la stagione e saremo costretti ad acquistare il foraggio per alimentare il bestiame, con un forte aggravio dei costi».
Il monte Pora, in alta Val Seriana, è tornato a imbiancarsi: non di neve, ma di grandine. Nel Lecchese, a Dervio, nelle vicinanze del torrente Varrone, sono state evacuate diverse abitazioni, anche per il timore del cedimento di uno sbarramento delle acque a monte. Il lungolago di Como è stato chiuso al traffico in seguito all’innalzamento del livello del Lario, salito in un giorno di ben venti centimetri.
Il 24 maggio scorso, in una sola mezz’ora, erano esondati torrenti e corsi d’acqua, allagando le strade, trasformate in fiumi di fango, e gli scantinati, tra Cene, Nembro, Villa di Serio, Torre de’ Roveri e Scanzorosciate. Solo a Villa di Serio i danni causati dal nubifragio e dalla violenta grandinata ammontano, secondo una prima stima, a 420 mila euro.
L’agricoltura soffre enormemente a causa del venir meno della regolare alternanza tra precipitazioni e periodi asciutti. Si passa da lunghi periodi di siccità a momenti in cui l’acqua arreca danni. Nel 2016, in particolare, il costo dei devastanti nubifragi, avvenuti nella Bergamasca tra maggio e giugno, era stato stimato tra i quattro e i cinque milioni di euro. In alcune aree della provincia c’era stata una perdita del 70 per cento delle produzioni vitivinicole. «L’andamento anomalo di quest’anno conferma la tendenza alla tropicalizzazione del clima per effetto dei cambiamenti climatici in atto che si manifestano – osserva la Coldiretti – con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo». A fine ottobre scorso, in tre giorni di piogge intensissime, si erano raggiunti, sulle Orobie, anche i 400 millimetri di precipitazioni. Poco prima Bergamo era risultata la città più calda d’Europa, con una temperatura, in città e provincia, mai vista in una giornata di ottobre: 31,5 gradi.
La scienza ci insegna che le anomalie meteorologiche estreme sono una conseguenza del riscaldamento globale, perché, in assenza di questo, la loro probabilità sarebbe stata estremamente bassa. Il riscaldamento globale è causato dalle emissioni di gas serra, provocate dai combustibili fossili a partire dalla Rivoluzione industriale. Il clima, senza emissioni, sarebbe stato costante. Nell’aria c’è una maggior quantità di energia disponibile, più carburante per i fenomeni atmosferici, che si nutrono di calore. Per questo motivo, i temporali sono più violenti, le piogge più intense, più forti le trombe d’aria, veri e propri tornado anche in Italia, i fulmini più frequenti, le grandinate più numerose e devastanti. Non significa che piova di più. Una ricerca del Cnr mostra che, dal 1880, la quantità di pioggia caduta sul nostro Paese non è cambiata, mentre i giorni piovosi sono diminuiti del 12 per cento. Il clima italiano non sta diventando monsonico. Si sta estremizzando. Una situazione peggiore della tropicalizzazione, cui accenna Coldiretti.
L’Italia, purtroppo, non si sta dimostrando all’altezza dell’inedita sfida. Il Senato - proprio nella Giornata mondiale dell’Ambiente del 5 giugno scorso - ha bocciato la richiesta di dichiarare «l’emergenza climatica», contenuta in tre mozioni presentate da Fi, Pd e Leu, che avevano avuto il parere contrario del governo. È passata la mozione della maggioranza, a firma M5s, che non parla di emergenza. Non è stato ascoltato il grido di milioni di giovani, scesi in pazza ispirati dalla sedicenne attivista svedese Greta Thunberg, ospite proprio del Senato, nell’aprile scorso, per un convegno sul clima. Un politico ragiona, mediamente, su un arco di tempo di cinque anni. Gli effetti più drammatici della crisi climatica si paleseranno più avanti. Troppi governanti non adottano le misure adeguate, perché si domandano perché debbano far pagare, al proprio Paese, prezzi elevati per dei frutti che non saranno raccolti immediatamente.
La mitigazione, invece, è importante, perché l’atmosfera non procede per piccoli passi. Finché non si supera uno «step», tutto resta uguale. Poi, a un certo punto, c’è una soglia oltre la quale tutto cambia. Con due gradi d’innalzamento della temperatura potrebbero sparire le calotte del Polo Nord d’estate. La radiazione solare non sarebbe più assorbita dal ghiaccio, ma dal mare. Questo fenomeno sarebbe restituito, d’inverno, con conseguenze che, ora, fatichiamo a immaginare. Dobbiamo pensare non solo a noi, ma alle generazioni future.
L’intero sistema energetico mondiale dev’essere cambiato urgentemente, passando dalle fonti fossili, generatrici di gas serra, a quelle rinnovabili. Siamo già in ritardo. L’Accordo di Parigi del 2015 prevede di mantenere l’aumento delle temperature «ben al di sotto dei due gradi» e, auspicabilmente, attorno a 1,5. Non c’è più tempo da perdere.
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