Energia e clima
Italia bocciata

L’Unione europea ha espresso perplessità sul Piano nazionale integrato energia e clima dell’Italia, presentato nel numero di maggio di Eco.Bergamo. La bozza, inviata a Bruxelles nel gennaio scorso, indica il percorso che l’attuale governo ha tracciato per il raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici nel 2030. La versione definitiva dovrà essere pronta entro la fine dell’anno in corso. La Commissione europea sprona l’Italia a sostenere l’obiettivo nazionale del 30% di rinnovabili entro il 2030, riducendo l’incertezza normativa e promuovendo misure di autoconsumo.

Il Paese deve rafforzare le misure per l’efficienza energetica negli edifici e nei trasporti, ancora troppo vaghe. Deve favorire la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, riducendo la dipendenza energetica dall’estero. È giudicato come positivo, invece, lo stimolo maggiore del governo alla decarbonizzazione, grazie al sostegno di oltre cinque miliardi di euro fino al 2021. Il tempo stringe. L’obiettivo di chiudere le otto centrali a carbone rimaste in Italia entro il 2025 si avvicina: quegli impianti sono responsabili del 40% delle emissioni nel settore elettrico.

Nell’era della crisi climatica, le città sono in trincea: Bergamo è tra le 27 che hanno sottoscritto la Dichiarazione per l’adattamento climatico delle «green city» a Milano, alla seconda Conferenza nazionale organizzata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile. I dieci punti della Dichiarazione, com’è già noto ai nostri lettori, forniscono indirizzi aggiornati per città più resilienti e meno vulnerabili, più capaci di affrontare i cambiamenti climatici con gli interventi, necessari e possibili, per prevenire e limitare rischi e danni.

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica «Plos One» dimostra quali impatti avrà la crisi climatica su 520 città del mondo da qui al 2050. Oltre tre quarti subiranno cambiamenti «sorprendenti» nelle temperature e nella piovosità, avvertono i ricercatori dell’Università Eth di Zurigo. Il 22 per cento dei grandi centri urbani, tra cui Singapore e Giacarta, soffriranno condizioni climatiche estreme, mai sperimentate prima al mondo.

L’emisfero Nord avrà condizioni che ora si trovano mille chilometri più a sud, con effetti incalcolabili. A Milano il clima sarà subtropicale, caldo e umido, simile a quello di Dallas, la città del profondo Sud americano: è prevista un’impennata fino a 7,2°C nel mese più torrido, con una media annua di più 2,5°C. Londra somiglierà meteorologicamente all’attuale Barcellona, Stoccolma a Budapest, Seattle a San Francisco, Madrid a Marrakech, Edimburgo a Parigi. Nelle città europee le temperature aumenteranno in media di 3,5°C d’estate e 4,7°C in inverno.

Intanto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha assunto tutte le deleghe in materia di «transizione ambientale»: «La battaglia per l’ambiente è profondamente politica. Progettiamo una Milano come modello di sperimentazione, dall’ecologia alla sostenibilità, in grado di fare fronte comune con le più importanti città del mondo». Un buon esempio: un politico, finalmente, dimostra come la crisi climatica non sia un problema tra gli altri, ma la principale sfida dell’era contemporanea.

Bergamo è tra le città italiane in cui il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1900, il primo in cui furono archiviati i dati (fonte: «Europe one degree warmer»). Il giugno scorso – secondo le rilevazioni del Programma europeo Copernicus – è stato il più torrido in Europa da quando esistono le misurazioni, con temperature di circa 2°C superiori alla norma. Tutto il continente assiste a ondate di caldo, con massime che raggiungono e superano i 40 gradi. Aumentano ovunque le insopportabili e insonni «notti tropicali», quelle in cui la temperatura minima resta maggiore di 20°C, così come gli afosi «giorni estivi», in cui la massima è più alta di 30°C.

Questi fenomeni sono causati dalla crisi climatica determinata dalle emissioni umane di gas serra a partire della Rivoluzione industriale. Anzi: la soglia delle 300 parti per milione di anidride carbonica nell’atmosfera è stata superata alla metà degli anni Cinquanta del Novecento. Oggi siamo oltre le 415.

La composizione dell’aria è stata trasformata in soli sessant’anni. I cambiamenti sono colpa dell’uomo, perché, se non ci fossero state emissioni antropiche di anidride carbonica, il clima sarebbe stato costante. In pochissimi decenni, bruciando carbone, gas, petrolio, l’uomo ha determinato l’aumento di un grado della temperatura. È dimostrato da decine di migliaia di studi, condotti in tutti i Paesi del mondo dagli scienziati più accreditati sul tema dei cambiamenti climatici. Nonostante l’evidenza scientifica, circolano ancora tesi negazioniste – con argomentazioni superficiali ed erronee – sul legame tra il riscaldamento globale dell’era post-industriale con le emissioni umane di gas serra, come, per esempio, in un recente documento firmato da un gruppo composto quasi esclusivamente da non-esperti – come comprovato dai loro curricula – sulla scienza dei cambiamenti climatici.

Una lettera, firmata da trecento studiosi, tra cui moltissimi esperti di fisica del sistema Terra e del clima, e supportata e firmata dalla Sisc, la Società italiana scienze del clima, è stata indirizzata, l’11 luglio scorso, alle più alte cariche dello Stato. Gli autorevoli firmatari dichiarano come sia urgente e fondamentale affrontare e risolvere il problema dei cambiamenti climatici: «Chiediamo che l’Italia segua l’esempio di molti Paesi europei e decida di agire sui processi produttivi e il trasporto, trasformando l’economia, così da raggiungere il traguardo di “zero emissioni nette di gas serra” entro il 2050». I firmatari riaffermano con forza come il problema dei cambiamenti climatici sia estremamente importante, per l’Italia come per tutti i Paesi del mondo. Politiche tese alla mitigazione e all’adattamento dovrebbero essere una priorità del dibattito politico nazionale, per assicurare un futuro migliore alle prossime generazioni. Non c’è più tempo da perdere. Tanto meno con i negazionisti.

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