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La transizione ecologica diventi desiderabile

Alexander Langer indicava la strada già nel 1994. Le politiche per l’ambiente troveranno il consenso se si dimostreranno convenienti

«La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile». Alexander Langer, maestro dell’ambientalismo e del pacifismo italiani, lo scriveva già nel 1994. Quelle parole preziose sono sempre più attuali in questo momento storico. Tutte le politiche di transizione ecologica prospettate negli ultimi anni sono sotto attacco, rinviate, rallentate o, addirittura, ripudiate e additate come la causa di mali economici, quali il costo dell’energia e la crisi dell’auto, di ben altra origine. L’esperto Maurizio Delfanti ci spiega come le fonti rinnovabili di energia non siano soggette alle fluttuazioni del mercato delle materie prime. I prezzi dei combustibili fossili, come gli ultimi tre anni di tensioni internazionali hanno dimostrato, possono essere, invece, molto volatili. Le vendite di auto ristagnano per cause diverse, economiche e sociali, non per una data scritta sulla carta, e rivedibile, di stop alla immatricolazione, non alla circolazione, di veicoli con motore endotermico. Eppure oggi la cura, la transizione ecologica, è sul banco degli imputati più della malattia, la crisi ambientale e climatica. Negli Stati Uniti del ritorno di Donald Trump la reazione è estrema. L’uscita dall’Accordo di Parigi è avvenuta, in realtà, con un atto che non definisce il cambiamento climatico una bufala, come si urlava nei comizi, e vanta i progressi degli Stati Uniti nella riduzione delle emissioni di gas serra. Ma Trump non si è fermato lì: con il piglio ancora più aggressivo di questa seconda presidenza ha ordinato la rimozione di ogni riferimento al cambiamento climatico dai siti governativi. Quando la scienza non è gradita, si cancella.

Gli effetti dell’inflazione

«Buttarsi tra le braccia di chi dice che il problema non esiste – ricorda l’economista Leonardo Becchetti – ha l’effetto confortante di rimuovere una situazione di timore e di angoscia». Il professore spiega che Trump e la destra in generale sanno interpretare meglio le istanze e le paure di chi ha subito gli effetti dell’inflazione, una tassa regressiva perché colpisce soprattutto i prezzi dell’energia e dei beni alimentari, con conseguenze maggiori nella spesa dei redditi medio-bassi. Ergo, la transizione ecologica si deve dimostrare conveniente sul mercato.

Come accade nel Texas, saldamente trumpiano, che, pur essendo produttore di petrolio e gas, nel 2024 ha installato più pannelli fotovoltaici, in rapporto alla popolazione, non solo di ogni altro Stato americano, superando la democratica California, ma addirittura di ogni Paese al mondo. E non si fermerà: le rinnovabili prosperano perché, in quel contesto, convengono davvero. Insomma, avanzano con le proprie gambe, non in forza di regole malviste perché imposte. Obblighi e sussidi si sono dimostrati fin qui inefficaci per rendere desiderabile la transizione ecologica. Tanto meno la paura della catastrofe che, anzi, aumenta la propensione umana a nascondere la testa sotto la sabbia di fronte a un pericolo non immediato. Anche la divulgazione scientifica non ha la capacità persuasiva sufficiente, per di più in un mondo dove l’Ocse certifica il declino delle competenze di base della popolazione adulta, con l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi avanzati: un terzo dei concittadini non riesce a comprendere un testo complesso.

Regole e deregolamentazione

Il multilateralismo e gli accordi internazionali restano indispensabili. Ma non bastano. Il Clean industrial Deal, atteso dalla nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen, deve dimostrare che la necessaria decarbonizzazione dell’economia è vantaggiosa, evitando l’eccesso di regole senza cadere nella deregolamentazione. «Una politica ecologica punitiva – osservava ancora Alexander Langer – che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chance nella competizione democratica».

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