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Lunedì 16 Novembre 2015
Business plan, come farsi
dare i soldi dalle banche
Raccogliere capitali richiede tempo e dedizione. Per una startup occorre il doppio delle energie. Avere una buona idea è una condizione necessaria. Ma non sufficiente.
Occorre anche tanta capacità di spiegare quanto vale quell’idea, di documentarne le potenzialità, di essere convincente del suo impatto sul mercato. Il segreto è nell’approccio corretto al proprio business plan. Sarà quel documento a convincere se concedere credito, soldi veri. Raccogliere capitali richiede tempo e dedizione. Per una startup occorre il doppio delle energie. Avere una buona idea è una condizione necessaria. Ma non sufficiente. Occorre anche tanta capacità di spiegare quanto vale quell’idea, di documentarne le potenzialità, di essere convincente del suo impatto sul mercato.
«Il segreto è nell’approccio corretto al proprio business plan. Sarà quel documento a convincere se concedere credito, soldi veri. Ma il più delle volte queste condizioni non ci sono, c’è poca chiarezza, mancano dati e le giuste garanzie. E siccome ognuno fa il suo mestiere, le banche non si possono affidare solo a una pianificazione generica per aprire i cordoni della borsa». Christian Pasinetti da oltre dieci anni accompagna i neoimprenditori dall’inizio del loro cammino fino alla porta di una banca. Se lo fa è perché è sicuro che il lavoro fatto prima avrà un seguito.
Mai nascondere i dati
Docente al corso di Business Strategy all’Università di Bergamo, e storico consulente di Bergamo Sviluppo, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Bergamo che dal suo incubatore forma e cresce nuove startup ad alto contenuto innovativo, Pasinetti non nasconde che agli istituti di credito spesso vengono presentati business plan carenti, insufficienti di dati decisivi.
«Non basta inserire un foglio excel con un po’ di numeri se poi non si sanno spiegare». Cimentarsi in un business plan non è una perdita di tempo. «Anzi, è decisivo per ridurre i margini di improvvisazione – spiega Cristiano Arrigoni, direttore di Bergamo Sviluppo -. È importante avvalersi fin da subito di strumenti che aiutino l’imprenditore a predisporre un piano credibile, in grado di affrontare difficoltà e sfide dei primi anni, ma che dovrà accompagnarlo per tutto l’arco di vita della sua azienda. Il business plan – spiega Arrigoni - è il documento che consente di mettere in ordine i dati e le informazioni legate al progetto e al suo sviluppo. Sarà la base con cui presentarsi a potenziali finanziatori e soci».
Esistono vari schemi di business plan, tutti validi. Gli schemi però variano a seconda dell’idea, della struttura o dell’ente a cui ci si presenta. E questo fa sorgere qualche difficoltà. «Il problema è di struttura. Spesso gli utenti – spiega Pasinetti – sono infatti obbligati a seguire format prestabiliti, o strettamente legati a un bando specifico. Il limite è che il più delle volte sono format obsoleti, molto sintetici e che per esigenze di tipo informatico costringono a compilare campi che sminuiscono i punti forti del business plan».
Il danno della troppa sintesi
Figuriamoci poi quando si tratta di raccontare la struttura di un bilancio. «La sintesi forzata spesso si scontra anche con strutture contabili obsolete, tipiche negli anni Novanta. Questo – sottolinea Pasinetti - porta a un rischio: crea uno strumento incompleto che in banca fa aumentare le perplessità. Per un finanziatore quelle lacune sono segnali di inefficienza».
Come uscirne, allora? Il primo consiglio di Pasinetti è di evitare di farsi aiutare da qualcuno per scrivere il business plan che non conosce le logiche commerciale, imprenditoriale e contabile sottostante al progetto. Il piano imprenditoriale fa riferimento a un’attività in evoluzione con il mercato. E allora quel documento deve essere aggiornato continuamente.
«Se commissiono a persone esterne solo perché conoscono bene il meccanismo sottostante al business plan, ma non sanno nulla del mio mercato – spiega Pasinetti -, poi non avrò mai la capacità di spiegare io quello che è stato costruito intorno al mio business, il perché e come sono state applicate determinate condizioni, parametri che non sarò mai in grado di aggiornare. Questi sono quelli che chiamo i business plan pericolosi».
Formazione e informazione devono essere i due pilastri di un approccio corretto. «Il neoimprenditore deve imparare che cosa significa elaborare una pianificazione economica, quantificare un fabbisogno finanziario, monitorare il flusso di cassa. Oggi,ed è l’assurdo delle startup, abbiamo imprese con un potenziale tecnologico e di innovazione altissimi, ma sono oltremodo lacunose perché non sanno rendere al meglio gli aspetti del loro business e la sua dinamica di mercato».
La banca apre
Perché un fatto non deve sfuggire. «Per un imprenditore o un investitore in particolare - sottolinea Pasinetti -, la logica del business plan deve essere quella della profittabilità. Significa indicare le opportunità, ma anche i rischi e le criticità. Saperli individuare in tempo è il reale valore aggiunto di ogni business plan. E anche in banca sanno apprezzarlo».
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