Efficienza: costi e consumi migliorano insieme

Intervista a Stefano Epifani. L’impatto energetico dell’intelligenza artificiale tenderà inevitabilmente a diminuire e «il suo uso aiuterà a ridurre le emissioni climalteranti, a partire dai sistemi di climatizzazione». E la transizione energetica? Viene realizzata con reti intelligenti, mentre l’economia circolare si basa su piattaforme digitali

Su data center e intelligenza artificiale, per capire quale sia la prospettiva di sostenibilità della «trasformazione digitale», abbiamo intervistato Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità digitale.

«Ripartiamo dal metodo scientifico e torniamo ad analizzare i fenomeni nella loro interezza e complessità. Siamo ben consapevoli che la diffusione dei data center e lo sviluppo prorompente dell’intelligenza artificiale comportano consumi energetici importanti. Un impatto crescente sarà dato da due attività basilari per l’IA: il suo “addestramento” e il suo “consumo”. In quest’ottica, circolano molte previsioni e stime “sballate”. Ognuno dice la sua. Stiamo ragionando con proiezioni a cinque e sei anni, utilizzando un fattore moltiplicativo basato solo sulla fase di “addestramento”. Questa fase lavora sui cosiddetti Llm, modelli linguistici di grandi dimensioni, ma si sta già ragionando sugli Sml, modelli linguistici ben più ridotti. Come in ogni processo industriale, si tende ad ottimizzare e quindi a ridurre i consumi. Stiamo tralasciando l’aspetto più importante: per la trasformazione digitale, ottimizzazione dei costi e dei consumi vanno di pari passo». Quindi l’allarme sulla presunta esplosione dei consumi energetici del mondo digitale e della IA è ingiustificato?

«Rimane un tema centrale di attenzione. La trasformazione digitale ha bisogno di procedere secondo paradigmi di sostenibilità. Pensiamo ai sistemi di climatizzazione nei nostri centri abitati, grandi e piccoli, ricordando che rappresentano la quota più importante delle emissioni climalteranti. L’utilizzo di IA sul principale fattore di impatto emissivo consente già oggi di ottenere miglioramenti – consuntivati e non semplicemente stimati – nell’ordine del 12-15 per cento. Bisogna passare concretamente all’utilizzo intelligente di strumenti e modalità già disponibili, automatizzando esattamente come facciamo con un impianto industriale. Ottimizzare i servizi significa ridurre i costi proprio attraverso la riduzione dei consumi. Si tratta di digitalizzare una cultura di efficienza energetica che ci è sempre appartenuta, ma che tendiamo a trascurare».

Sembra riferirsi a limiti, per così dire, «culturali».

«Il limite culturale è tale da farci dimenticare che non si deve ragionare in termini di digitalizzazione bensì ditrasformazione digitale. Se ragioniamo in termini di digitalizzazione, il nostro obiettivo è solo quello di montare strumenti digitali senza collegarli attivamente a un cambio radicale della nostra modalità di gestire ogni servizio: ci riempiremmo di allarmi senza dotarci di soluzioni efficaci. Stanno cambiando i modelli operativi, anche dal punto di vista di chi deve costruire percorsi concreti di ottimizzazione dei consumi. Dobbiamo abbandonare il nostro tradizionale approccio al prodotto e affermare un approccio orientato al servizio. L’IA ci consente di fare analisi complesse dei cicli di consumo e della loro gestione e ragionare in ottica di bilancio energetico ed emissivo complessivo. Dobbiamo guardare, cioè, alla IA in termini di intero ciclo di vita».

Forse non ci aiuta parlare di «transizione energetica» e «transizione digitale» come «transizioni gemelle». Che ne pensa?

«I gemelli nascono insieme e poi si separano. Parliamo di due fenomeni che nascono molto diversi e che hanno avviato un percorso di convergenza, mentre continuiamo a pensare che debbano procedere in parallelo, sottovalutando l’importanza della loro area di sovrapposizione. Se non realizziamo concretamente smart grid (reti intelligenti, ndr), la transizione energetica rimane un puro proclama. Se non costruiamo sistemi di economia circolare basati su piattaforme digitali, rimaniamo ancorati all’economia tradizionale e ai suoi impatti ambientali. L’ottimizzazione energetica, fatta di cultura energetica di ampio sguardo, oggi non può prescindere dal digitale per affermare tutta la sua capacità di cambiare radicalmente i modelli di consumo e di gestione delle risorse».

Tracciamo la via della «trasformazione digitale sostenibile».

«Bisogna governare con determinazione la curva di crescita energetica. Al di là dell’informatica, va ripensato il mix energetico, senza escludere a priori alcuna tecnologia, ma misurando il mix di soluzioni secondo la massima efficienza di investimento delle risorse rispetto alla loro effettiva capacità di darci un sistema energetico sicuro e sicuramente capace di limitare le emissioni. Non ci rendiamo conto che quello che riteniamo sia il problema in realtà è un pezzo della soluzione. Se non sfruttiamo adeguatamente a questo fine l’intelligenza artificiale, non riusciremo a gestire efficacemente questo passaggio epocale verso un nuovo modello energetico».

La Fondazione per la Sostenibilità digitale è nata su una solida vocazione «educativa». A che punto è la nostra cultura di utilizzo sostenibile del digitale?

«La prima cosa che abbiamo fatto quando abbiamo fatto nascere la Fondazione è stata la creazione di un Osservatorio, proprio perché la sensibilità diffusa verso l’approccio scientifico alle cose ormai è rarefatta. Il 74% degli italiani che dicono di essere orientati alla sostenibilità non hanno idea di che cosa sia concretamente la sostenibilità. Sono più sostenibili quelli che non se ne preoccupano ma usano gli strumenti digitali di quelli che si dicono sostenibili perché analogici. Prendiamo il car sharing: 1/6 del campione intervistato non usa il car sharing perché non capisce come funziona. D’altra parte, un numero crescente di persone installa smart meter e sistemi di gestione, spende meno e consuma meno energia».

Stefano Epifani è presidente della Fondazione per la Sostenibilità digitale, la prima Fondazione di ricerca italiana dedicata a studiare gli impatti del digitale su economia, società e ambiente nell’ottica della sostenibilità. Dopo una lunga esperienza in Onu, ha insegnato Internet Studies alla Sapienza di Roma ed è ora docente di Sostenibilità digitale alla Facoltà di Economia dell’Università di Pavia. È autore di «Sostenibilità digitale: perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale» (2020)

© RIPRODUZIONE RISERVATA