Esempi virtuosi di termovalorizzatori? Non serve andare molto lontano per trovarli: a Brescia l’impianto di A2A sembra mettere d’accordo tutti. Mentre nel resto d’Italia i progetti di valorizzazione dei rifiuti vanno incontro alla strenua opposizione di associazioni di cittadini, amministratori locali ed esponenti della politica, a Brescia le cose vanno molto diversamente.
Brescia, dai rifiuti l’energia della città
L’esempio dell’impianto di A2A: 500mila MWh di elettricità e quasi 900mila di calore bruciando 730mila tonnellate di non riciclabili all’anno
Anche se qualche voce discordante c’è, il «ronzio» attorno all’impianto si è placato ormai da tempo. Merito della profonda integrazione del termovalorizzatore nel tessuto cittadino e provinciale: stando ai dati ufficiali, la struttura brucia ogni anno 730mila tonnellate di rifiuti non riciclabili come materia, evitando il loro smaltimento in discarica, e produce più di 500mila MWh di energia elettrica, pari al fabbisogno di circa 200mila famiglie. Inoltre, con una produzione annua di quasi 900mila MWh e il collegamento alla rete di teleriscaldamento, rappresenta la prima fonte di generazione di calore per la città di Brescia, che conta poco più di 195mila abitanti.
Il risultato? La semplice esistenza dell’impianto ha permesso un abbattimento del 35% dei costi dell’elettricità e della Tari rispetto alla media nazionale, rendendo Brescia la città con le bollette e le tasse sui rifiuti meno care d’Italia. I portafogli gonfi disinnescano le critiche: questo è certo. Ma qualche scettico nei confronti di A2A e del suo impianto c’è ancora. Un dato piuttosto paradossale – non necessariamente negativo, ma nemmeno positivo – riguarda la quantità di rifiuti bruciati dal termovalorizzatore bresciano: all’inizio, l’impianto poteva dare alle fiamme circa 500mila tonnellate di rifiuti all’anno. Nel 1998, quando aprì, l’edificio bruciò più o meno 450mila tonnellate di rifiuti, lavorando quasi a pieno regime per dodici mesi: si trattava dell’intera produzione di rifiuti non riciclabili della provincia di Brescia. Con il passare del tempo, i bresciani sono diventati più efficienti nello smaltimento dei rifiuti e nel riciclo: da una produzione annua di 450mila tonnellate di scarti si è passati a 250mila tonnellate. Stranamente, però, la capacità di incenerimento del termovalorizzatore non si è ridotta di pari passo, ma è anzi salita fino alle 730mila tonnellate attuali, per giunta destinate ad aumentare ulteriormente quando saranno completati i lavori di ampliamento, iniziati nel 2021 e costati ben 100 milioni di euro.
Come si soddisfa la «fame» di rifiuti dell’impianto? Le ipotesi di chi sosteneva che il termovalorizzatore avrebbe ridotto la propensione al riciclo di Brescia e della Lombardia erano sbagliate, fortunatamente: l’efficienza regionale e quella provinciale nella differenziata sono al di sopra della media nazionale. È stato necessario, però, importare quasi 500mila tonnellate di rifiuti da fuori Brescia per restare al passo con il fabbisogno dell’impianto. Ai (pochi) bresciani che lamentano di dover subire le emissioni di mezza Italia, A2A risponde: «Il termovalorizzatore è stato realizzato utilizzando le tecnologie ambientali più avanzate. Il 50% degli investimenti per la realizzazione dell’impianto è stato destinato ai sistemi di protezione ambientale e di depurazione dei gas di combustione».
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