Per i kebab e ogni altra attività artigianale di vendita di prodotti alimentari destinati all’immediata consumazione, arrivano regole precise che pongono fine alle polemiche sviluppatesi negli ultimi mesi sulla regolarità di molti di questi esercizi e che, soprattutto, tutelano e garantiscono chi nel settore opera da sempre nel pieno rispetto della normativa vigente.
Le imprese artigiane di produzione e trasformazione alimentare che effettuano vendita diretta al pubblico per l’immediata consumazione, d’ora in poi potranno effettuare tale attività solo se accessoria alla produzione e alla trasformazione. L’attività dovrà essere svolta nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, di sicurezza e di inquinamento acustico e nel rispetto delle prescrizioni sugli orari di apertura alle quali già deve attenersi ogni altro esercizio di somministrazione alimentare.
Tali attività artigianali saranno inoltre tenute a pubblicizzare l’orario di apertura e avranno anche l’obbligo di esporre l’elenco delle materie prime utilizzate specificando i prodotti eventualmente congelati. Ai Comuni viene data possibilità di concedere deroghe specifiche sugli orari di apertura.
Sono queste le novità principali del progetto di legge approvato a maggioranza in Commissione “Attività produttive” (voto favorevole di Pdl e Lega Nord, contrari Verdi e Rifondazione Comunista, astenuto il Partito Democratico) e che sarà sottoposto al voto definitivo dell’Aula nella seduta di martedì 21 aprile.
“Due sono gli obiettivi di questo provvedimento –spiega il presidente della Commissione e relatore del provvedimento Carlo Saffioti (FI-PdL)-: regolamentare l’attività artigiana nel settore alimentare e definire, secondo principi di equità, gli orari delle attività artigiane che vendono alimenti di propria produzione per l’immediata consumazione. Si vuole così da una parte evitare forme di concorrenza sleale e impropria nei confronti dei pubblici esercizi (bar), dall’altra fornire ai sindaci gli strumenti per prevenire e sanzionare situazioni di disturbo e inadempienza”.
Sempre più frequente è infatti da alcuni mesi a questa parte l’apertura di esercizi (pasticcerie, gelaterie, rosticcerie, piadinerie, pizzerie d’asporto e kebaberie) dove è possibile il consumo immediato dei prodotti acquistati, senza la prestazione di servizi di somministrazione al tavolo e tramite l’utilizzo di arredi minimali quali panchine, sgabelli, piani di appoggio. La necessità di regolare gli orari di queste attività si è resa necessaria dalle aperture prolungate nelle ore notturne di alcuni di questi esercizi artigiani, spesso in contrasto con l’esigenza e il diritto dei residenti al riposo notturno.
“Questo provvedimento – ha detto Daniele Belotti (Lega Nord)- ha avuto un parto complicato, ma è stata preservata la finalità iniziale di eliminare la concorrenza sleale e la disparità di trattamento tra le attività di somministrazione artigianale e i pubblici esercizi. Senza discriminare le attività artigiane, siamo riusciti a porre limitazioni agli orari tutelando la quiete pubblica e a garantire i necessari controlli igienico-sanitari, introducendo sanzioni severe per i casi di inadempienza”.
Di parere opposto Osvaldo Squassina (Rifondazione Comunista), per il quale “questo provvedimento porterà solo più confusione e più problemi alle imprese artigiane: si tratta di una legge inutile, sbagliata e dannosa, che potrebbe per alcuni aspetti essere anche impugnata giuridicamente”. Così Ardemia Oriani ha invece motivato l’astensione del Partito Democratico: “Il pericoloso progetto di legge originario presentato dalla Lega Nord è stato depotenziato grazie al lavoro fatto in Commissione e grazie ai correttivi da noi richiesti e introdotti. Rimangono però forti perplessità sulla gestione che i Comuni faranno di questo provvedimento, con rischi di possibili discriminazioni per le attività artigiane”.
Il progetto di legge approvato prevede anche specifiche sanzioni, sia in caso di svolgimento dell’attività in modo non conforme a quello previsto, sia per il mancato rispetto dei vincoli orari. Per la prima ipotesi è indicata una sanzione amministrativa pecuniaria da 516 a 3.098 euro e si assegna all’autorità comunale il potere di sospendere l’attività per un periodo di tre mesi. Nella seconda ipotesi, invece, si applica una sanzione pecuniaria da 154 a 1.032 euro.
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