Niente centri commerciali in montagna e in riva al lago, e accordi tra più Comuni, dove possibile, per trarre «vantaggi d’area» dalla realizzazione di nuove strutture di vendita, medie o grandi: sono le due novità introdotte dal nuovo Piano triennale del commercio, approvato ieri dal Consiglio regionale, con i voti a favore di quasi tutto il centrodestra, e contro di tutto il centrosinistra. Nella maggioranza non sono mancati i dubbi, tanto che il consigliere bergamasco di Alleanza nazionale Pietro Macconi si è astenuto al momento del voto, avendo non poche riserve su un provvedimento che ritiene poco coraggioso. Il Piano del commercio (che resterà in vigore fino ai primi mesi del 2009 dato che quello precedente era scaduto a marzo) cambia volto rispetto ai suoi predecessori, che fissavano, provincia per provincia, le superfici da dedicare alla realizzazione di centri commerciali. «Siamo passati da criteri quantitativi a criteri qualitativi – ha infatti spiegato il consigliere regionale di Forza Italia Carlo Saffioti , relatore del provvedimento e presidente della commissione Attività produttive –. Il Piano non dà limiti calati dall’alto, in termini di superfici, alle strutture di vendita medie e grandi: questo è un dato che stabilisce il mercato. Abbiamo invece voluto introdurre criteri assolutamente nuovi, che riguardano l’impatto territoriale, occupazionale e ambientale di eventuali strutture da realizzare».Il Piano del commercio punta a scoraggiare (ma non a bloccare in assoluto, come specifica un comunicato stampa del Consiglio regionale) la realizzazione di strutture di vendita sopra i 15 mila metri quadrati. C’è quindi un freno all’espansione commerciale: «In un quadro generale che punta a mitigare la nascita di nuove strutture – aggiunge Saffioti – abbiamo dato indicazioni specifiche su determinate aree: la grande distribuzione, ad esempio, non potrà trovare spazio negli ambiti montani e lacustri (Clusone era stata interessata da una proposta di megacentro alle Fiorine), dove il commercio va rilanciato, ma in termini di negozi di vicinato. Ci sono invece altri ambiti, come quello di pianura, dove c’è ancora spazio, ma dove non basteranno gli accordi tra i privati che propongono centri commerciali e il Comune di competenza che rilascia le autorizzazioni. Saranno necessari accordi di programma, frutto di una contrattazione negoziata sul territorio per autorizzare le grandi strutture».La contrattazione negoziata si traduce nella necessità di verificare se le aree dove si vanno a insediare i grandi centri commerciali non abbiano un tessuto commerciale di vicinato in difficoltà (situazione che impedirebbe i nuovi insediamenti), se la zona interessata dai progetti di grande distribuzione sia attraversata da sufficienti infrastrutture e se, in particolare, sia solo il Comune territorialmente competente a poter trarre vantaggi dal centro commerciale che verrà. «Riteniamo infatti – aggiunge Saffioti – che tramite accordi di programma sul territorio, più Comuni possano valutare insieme gli effetti e i possibili benefici di nuovi insediamenti commerciali, dividendo ad esempio gli oneri di urbanizzazione. Questa è una possibilità concreta che il Piano del commercio concede». Da aggiungere che sull’autorizzazione ai nuovi centri peserà anche l’utilizzo di materiali ambientalmente compatibili. Resta ora da approvare, in Regione, il regolamento sugli orari di apertura del settore commerciale, stralciato dal Piano.L’eredità del recente passato, però, è pesante: in Lombardia restano ancora da realizzare ex novo o da ultimare (è il caso di Antegnate) ben 300 mila metri quadrati di superfici di vendita per la grande distribuzione (già autorizzate), in 20 strutture distinte. Il nuovo Piano non ha effetti retroattivi, ma quali saranno le sue conseguenze sulla Bergamasca? «Ritengo che la nostra provincia – conclude Saffioti – sia a un livello di saturazione. Gli strumenti di contrattazione che indichiamo nel Piano però, saranno i migliori per valutare eventuali e nuove necessità del territorio». «Per quanto riguarda i centri commerciali – dichiara l’assessore regionale al Commercio Franco Nicoli Cristiani – saranno tenute in considerazione solo le proposte che garantiranno un impatto zero sul territorio, a livello di compatibilità ambientale».(03/10/2006)
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