Vallanzasca condannato a 10 mesi
per aver rubato due paia di mutande

Renato Vallanzasca, protagonista della mala milanese, è stato condannato a 10 mesi dal tribunale di Milano con l'accusa di tentata rapina impropria per aver rubato due paia di mutande e altri oggetti di scarso valore in un supermercato lo scorso giugno.

Con questa condanna rischia di non ottenere più benefici durante la detenzione. Il giudice delle direttissime Ilaria Simi De Burgis ha inflitto a Vallanzasca una pena anche più alta di quella chiesta dal pm di Milano Angelo Renna, ovvero otto mesi di reclusione. Il giudice ha riconosciuto l'attenuante della scarsa entità delle cose rubate ed ha escluso l'aggravante della recidiva e ha condannato «René» anche a 300 euro di multa (motivazioni tra 30 giorni).

Come aveva spiegato il suo legale, l'avvocato Ermanno Gorpia, nel corso dell'arringa prima di chiedere l'assoluzione, per Vallanzasca, ex capo della cosiddetta «banda della Comasina» condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere, «questo processo», seppure per un'accusa per un «fatto modesto», è «delicato e una condanna potrebbe costargli il carcere a vita».

A Vallanzasca, infatti, arrestato il 13 giugno scorso per aver rubato due paia di mutande, concime per piante e delle cesoie in un supermercato di viale Umbria, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha revocato, lo scorso luglio, il regime di semilibertà (andava a lavorare durante il giorno e tornava in carcere a dormire la sera). Beneficio di cui l'ex capo della mala milanese godeva dall'ottobre del 2013.

Nel corso dell'udienza di venerdì 14 novembre, tra l' altro, Vallanzasca è apparso a più riprese molto nervoso. Mentre testimoniava uno dei responsabili del supermercato, Vallanzasca, passeggiando avanti e indietro dentro la gabbia, ha detto più volte «dice il falso, si sta facendo un film». E poi quando il giudice ha negato la possibilità di un confronto in aula tra lui e l'addetto alla sorveglianza che lo fermò quel pomeriggio, ha esclamato «se il confronto non si può fare, allora me ne vado». Cosa che ha fatto ed è stato accompagnato fuori dalle guardie penitenziarie, senza tornare in aula per la lettura della sentenza.

Nei giorni scorsi Vallanzasca aveva depositato, attraverso il suo legale, poche pagine per dire, in sostanza, che il suo arresto per quel furto l'estate scorsa potrebbe essere stato una «macchinazione» legata alle sue dichiarazioni ai pm di Forlì. Procura che sta indagando su un presunto complotto ordito ai danni di Marco Pantani per escluderlo dal Giro d'Italia nel '99 con l'alterazione delle analisi del sangue. Vallanzasca, infatti, aveva raccontato di essere stato avvicinato, quando era detenuto ad Opera, da un camorrista che, in sostanza, gli aveva detto di non puntare sul «Pirata» perché sarebbe stato escluso dal Giro.

Il pm Renna ha depositato atti del fascicolo della Procura di Forlì, tra cui i due verbali «omissati» resi da «Renè» (uno poche settimane fa), per dimostrare, come ha chiarito nella requisitoria, che «l'inchiesta di Forlì è nata due mesi dopo questo fatto modestissimo», ossia l'arresto per aver rubato merce del valore di 66 euro.

Per il pm il «presunto complotto ai suoi danni o la macchinazione di cui parla Vallanzasca lambiscono il confine della calunnia» e a smentire questa «macchinazione» ci sono «i fatti, il lavoro dei carabinieri e della Procura di Milano». Il legale dell'ex capo della banda della Comasina, invece, ha sottolineato che «il mio assistito ha centinaia di nemici e se è vero che l'indagine di Forlì è successiva, lui aveva già rilasciato interviste sul caso Pantani tempo fa».

Già lo scorso luglio in aula Vallanzasca aveva detto di essere stato «incastrato», raccontando di essere stato avvicinato mentre era al supermarket da un giovane che «mi chiamava “zio Renato”» e che avrebbe messo gli oggetti rubati nella sua borsa. «Perché mi è stata fatta una cosa del genere non lo so, io so soltanto che entro Natale avrei dovuto discutere della mia liberazione condizionale e potevo tornare libero», aveva spiegato, lamentando che le immagini delle telecamere del negozio che l'avrebbero potuto scagionare «sono sparite», non sono state acquisite.

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