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120 mila ore di straordinario
«Ospedale, situazione drammatica»
Dal punto di vista dei turni di lavoro (fino a 28 ore di fila) e degli straordinari (120.000 ore accumulate in un solo nosocomio) la situazione negli ospedali bergamaschi è «drammatica».
Lo scrive la Cisl di Bergamo tornando a parlare della direttiva Ue che, dal 25 novembre, dispone che turni e orari non siano più derogabili. Cosa si farà per rispettare la direttiva con il personale ridotto al «lumicino»
Il sindacato cita alcuni esempi: operatori sanitari con centinaia di ore di straordinario non recuperabile sulle spalle; reparti che non sono in grado di rispettare le linee guida regionali sulla presenza continua del medico. «E questo - scrive la Cisl - non ha impedito di compilare liste di attesa per alcune prestazioni che vanno dai 6 ai 10 mesi».
La situazione per la Cisl è preoccupante - nelle aziende ospedaliere provinciali: «Papa Giovanni, Bolognini, Treviglio non riescono da tempo a far diga contro il continuo diminuire del personale, l’aumento delle richieste e la scarsità delle risorse. E tutto questo a poco più di un mese dall’ultimatum dell’Unione Europea: la direttiva Ue entrerà inderogabilmente in vigore il 25 novembre e imporrà orari rigidi e trasparenti per ogni lavoratore, riposi obbligatori e certificati…insomma una pianificazione degna di strutture all’altezza della tanto conclamata qualità della vita».
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La direttiva, spiega il sindacato, definisce la Salute nel senso più ampio del termine, comprendente a esempio, il rispetto della vita familiare o il suo benessere psicologico, fissando quindi criteri minimi relativi a riposi, ferie, pause, orario massimo di lavoro , lavoro notturno. Nella fattispecie, per il riposo giornaliero , la misura considerata minima dalla Ue è quella di 11 ore consecutivo nell’arco delle 24, mentre il tempo massimo di lavoro settimanale è individuato in 48 ore, comprensivo di straordinari.
«Come sarà possibile giungere in ordine per quella data, considerando che negli ospedali di Bergamo sono centinaia le figure professionali che mancano?» - si chiede Mario Gatti, segretario generale di Fp Cisl di Bergamo. «La Funzione Pubblica provinciale ha inviato nei giorni scorsi una lettera a tutti i direttori delle aziende ospedaliere, e a Mara Azzi, direttore generale dell’Asl, per “richiedere la creazione in tempi brevi di un tavolo provinciale col compito di gestire una mappatura delle carenze e dei bisogni e la loro gestione, sulla base di criteri da condividere con le organizzazioni sindacali di categoria”».
«La necessità - spiega la Cisl - nasce dall’emergenza della chiusura di Calcinate per la ristrutturazione di alcuni reparti. Molti dei lavoratori di Calcinate, infatti, “migreranno” verso Treviglio, loro azienda di riferimento, o verso Seriate, dove il bisogno di personale è maggiore? Non possiamo permetterci che anche questa situazione sia gestita in modo non conveniente né alle strutture né all’utenza. Dobbiamo uscire dalla logica della campagna acquisti che i vari capi del personale stanno attuando in questi giorni – continua Gatti – e proprio per fermare questa deriva chiediamo un tavolo tecnico che si esprima compiutamente sulle questioni».
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La spada di Damocle della direttiva Ue rischia dunque di cadere sulla testa dell’intero sistema sanitario nazionale. «Si parla di almeno 3.000 nuove assunzioni nell’area medica e almeno 20.000 tra gli infermieri per il fabbisogno nazionale. La verità è che in tutti questi anni di tagli lineari, di blocco del turn over e altre iniziative governative, la Sanità pubblica è stata mantenute su alti livelli grazie al sacrificio e alla responsabilità degli operatori, che si sono fatti carico di condizioni di lavoro gravose e rischiose svolgendo una quantità ingente di orario aggiuntivo, che mai verrà retribuito o recuperato alle condizioni attuali. Non per nulla minimizzato nemmeno l’invecchiamento del personale, dovuto al mancato ricambio prodotto dal blocco delle assunzioni, che si ripercuote sulla qualità e sulla quantità di servizio offerto»
E Bergamo? «Secondo le nostre stime, le carenze di organico richiederebbero infatti assunzioni per 250 medici e 500 tra infermieri e altro personale sanitario». Una soluzione non impossibile, secondo Gatti, dal momento che «la mission degli ospedali è quella di creare salute, non profitto».
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