«Tre euro per 7 caldarroste»

«Tre euro per 7 caldarroste»Prezzi alle stelle in piazza Libertà. Un’attività in estinzione

Care caldarroste. È proprio il caso di dirlo. Questa volta a denunciare il caro-caldarroste è Federconsumatori che lancia l’allarme di prezzi straordinari, tre euro per sette caldarroste, riscontrati nel mercatino dei prodotti tipici allestito lo scorso fine settimana in piazza della Libertà.

Tre euro per sette caldarroste, ai più fortunati nel cartoncino ne sono toccate nove, sono davvero un’esagerazione. Tanto più che le migliori, i «marroni» di Cuneo, da un qualsiasi fruttivendolo di Bergamo costano 4 euro al chilo. «Nel nostro Paese - spiega Umberto Dolci, presidente di Federconsumatori di Bergamo - i commercianti sono protetti contro la concorrenza sleale dalla legge che proibisce la vendita sottocosto, ma i consumatori non sono protetti contro chi "ricarica" quanto vuole, senza limite, i prezzi. E lo chiamano "libero mercato"». In effetti chiunque, anche davanti alla più ghiotta tentazione, si chiederebbe se è legittimo chiedere tanto per sette caldarroste. Va bene per i prodotti tipici, va bene che sia la stagione delle castagne, però in questo caso sono i prezzi a essere «tipici». Ma forse il caro-caldarroste riscontrato in piazza della Libertà domenica è dovuto essenzialmente anche a una mancata concorrenza. Anzi il caro-caldarroste apre una malinconica pagina sui mestieri e le attività che vanno scomparendo in città. A Bergamo sono praticamente spariti i locali che preparavano le caldarroste: un tempo si trovavano per esempio in Contrada Tre Passi, in Borgo Santa Caterina, in largo Tironi.

Oltre al caro-caldarroste Federconsumatori chiede anche un maggiore controllo in materia di igiene per manifestazioni come quella di domenica scorsa. «Se riflettiamo su quante e quali sono le disposizioni in materia d’igiene che devono essere seguite da chi manipola il cibo per somministrarlo a terzi - continua Dolci - quello che abbiamo visto in piazza della Libertà rasenta l’assurdo: pane, salumi e dolciumi direttamente esposti, senza protezione alcuna, a portata di qualsiasi rischio igienico. Coloro che distribuivano i panini e i dolciumi lo facevano a mani nude. E in tutto il mercato - aggiunge Dolci - non c’era traccia di un lavabo dove pulirsi le mani e di un servizio igienico, né per gli ambulanti né per i visitatori».

(13/10/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA