Terrorismo islam: fermato a Brescia marocchino residente a Osio Sopra

È stato fermato in questura, a Brescia, martedì notte: il provvedimento gli è stato notificato mentre era negli uffici della Digos per ritirare un verbale di perquisizione, dopo che gli agenti di Brescia e Cremona, con i colleghi di Bergamo, gli avevano passato al setaccio, qualche ora prima, l’abitazione a Osio Sotto, in via Monte Grappa 21, nell’ambito di un’inchiesta sul terrorismo islamico. L’ipotesi di reato per Rouass Najib, 38 anni, marocchino con permesso di soggiorno, in Italia dagli inizi degli Anni Novanta, sposato, residente a Osio Sotto, un lavoro come custode in un albergo nell’hinterland milanese, è di associazione sovversiva internazionale. Ora è in carcere a Brescia: si attende l’udienza di convalida.

Secondo la Procura di Brescia, Rouass Najib - e con lui altri quattro nordafricani arrestati poche ore prima - non era solo ai vertici della moschea di Cremona, ma era una pedina di una presunta cellula eversiva che progettava attentati in Occidente in nome della guerra santa islamica, la Jihad: in particolare attentati nella metropolitana di Milano e nel Duomo di Cremona. Una «cellula» di terroristi islamici, quindi, da Cremona, al centro da tempo di un’inchiesta su gruppi eversivi legati ad Al Qaeda, si era organizzata anche nella Bergamasca? Gli investigatori non lo ritengono plausibile, anche se le attività di indagine sono state intensificate: il marocchino di Osio Sotto sarebbe finito nell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Brescia Roberto Di Martino perché teneva le prediche del venerdì da quando la moschea di Cremona era rimasta senza imam (l’ultimo, in ordine di tempo, Mohamed Rafik, era stato arrestato nell’ottobre scorso su ordine di cattura internazionale emesso da Rabat, Marocco, nell’inchiesta sull’attentato a Casablanca il 16 maggio scorso: 45 morti, di cui 12 kamikaze). E quindi, da mesi, le sue parole pronunciate dal «mimbar» (il palchetto da cui parla l’imam nelle moschee) erano ascoltate dagli agenti della Digos di Brescia e di Cremona. Registrazioni, traduzioni non facili, anche per la difficoltà di reperire interpreti, come hanno detto ieri i vertici della Procura, politicamente e ideologicamente «non condizionati». L’altra sera la perquisizione in casa: sono stati trovati appunti sulle prediche, con frasi, secondo le accuse, di incitamento alla Jihad (la «guerra santa» dei musulmani contro gli infedeli, e dall’11 settembre 2001 la Jihad è spesso sinonimo di attentati terroristici contro l’Occidente e in generale contro i Paesi che appoggiano la politica statunitense), è stato anche sequestrato materiale definito «propagandistico». Rouass Najib, secondo gli investigatori, non avrebbe avuto solo un ruolo di reclutamento all’interno della «cellula» accusata di attività terroristica, ma sarebbe stato molto vicino al cosiddetto Raggruppamento islamico dei marocchini combattenti, legato alla Salafia Jihadia, uno dei tanti «satelliti» dell’attività sovversiva islamica legata alla galassia di Al Qaeda, la «grande madre» del terrorismo guidata da Osama Bin Laden.

Il nome di Rouass Najib, in realtà, era già noto agli investigatori del Nord Italia, in particolare agli esperti di estremismo islamico che da anni lavorano nelle inchieste su gruppi sovversivi tra Brescia, Varese, Milano e Bergamo negli Anni Novanta: accertamenti a suo carico erano già stati fatti dalla Digos di Bergamo quando nelle inchieste finì Britel El Kassim, oggi trentasettenne, indagato nel 2001 dalla Procura di Bergamo per attività terroristiche, scomparso dall’Italia (era sposato con una bergamasca), ricomparso in Afghanistan come «combattente islamico» e quindi arrestato alla fine del 2003 dalla polizia marocchina nel corso delle indagini sulla strage di Casablanca e condannato, per quelle accuse, dalla Camera penale di Rabat nell’ottobre scorso a 15 anni di reclusione.

(26/02/2004)

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