Tavernola, rifiuti da bruciare
Si va avanti. Grazie a Monti

Se nel 2015 il cementificio di Tavernola inizierà a bruciare i rifiuti lo si deve al governo Monti . Di uguale, però, c’è il metodo, con le decisioni romane che calano dall’alto sulle «periferie».

Il cementificio di Tavernola, ormai oltre una decina di anni fa, ha avviato la richiesta per poter bruciare Cdr, ovvero un combustibile derivato dalla lavorazione dei rifiuti solidi urbani, che nel frattempo è evoluto in Css, un supertriturato che brucia ancora meglio. Un’ipotesi contrastata dai cittadini e dalle istituzioni locali (anche con il risultato schiacciante dei «no» al referendum del 2007), a cui però il Consiglio dei ministri nel 2012 ha acceso il semaforo verde, fatto l’obbligo di rispettare alcune prescrizioni.

Complice il decreto del governo Renzi che permette la libera circolazione della monnezza sul territorio nazionale e il potenziamento degli impianti esistenti (compreso quello bergamasco della Rea) - generando la psicosi rifiuti da Dalmine a Trezzo e il pugno di ferro della Regione -, è tornato in auge anche il tema della combustione in riva al lago, nonostante l’autorizzazione in questione non rientri nel pacchetto, per la tipologia dell’impianto e dei rifiuti che brucerebbe.

Intanto Legambiente aderirà alle giornate di protesta - il 15 e 16 ottobre - davanti al Parlamento, contro lo «Sblocca Italia», e in particolare contro l’articolo 35. Il fronte anti inceneritori si allarga, e quindi non si esclude anche la partecipazione di rappresentanti dei territori bergamaschi coinvolti «Non è affatto vero che negli inceneritori lombardi c’è spazio per accogliere i rifiuti di altre regioni italiane come vorrebbe il governo», afferma Legambiente che aggiunge: «Gli inceneritori della Lombardia lavorano già a pieno regime. Se arriveranno rifiuti urbani da altre regioni, significherà aprire nuove discariche».

Il 60% dei 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti che varcano le paratie degli inceneritori sono Rur, Rifiuti urbani residui, ciò che resta a valle delle raccolte differenziate che, in Lombardia, intercettano ormai oltre il 54% dell’intera produzione di rifiuti urbani. Ma il resto, quasi 900 mila tonnellate/anno, sono rifiuti speciali che, se venisse applicato lo Sblocca Italia, dovrebbero rapidamente trovare un’altra destinazione lasciando spazio ai sacchi neri di altre regioni. Gran parte di queste 900 mila tonnellate di rifiuti speciali sono in realtà rifiuti urbani «condizionati», ad esempio le risultanti di trattamenti meccanico-biologici o gli scarti delle frazioni riciclate (la quota «sporca» della raccolta differenziata), provenienti da altre regioni: paradossalmente, il decreto del governo imporrà alla Lombardia di liberare spazio negli inceneritori, evitando di bruciare rifiuti speciali extraregionali, per accogliere altri rifiuti urbani, sempre extraregionali.

Leggi di più su L’Eco di Bergamo del 7 ottobre 2014

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