Sì al trapianto per la cura del diabete

Via libera del ministero ai Riuniti: primi impianti di pancreas entro l’estate Tecniche messe a punto dal Mario Negri. Nella Bergamasca i malati sono 28 mila

Entro l’estate anche gli Ospedali Riuniti effettueranno il loro primo trapianto di isole pancreatiche, entrando così nella ristretta cerchia di strutture impegnate in questo delicato tipo di intervento per la cura del diabete. Il ministero della Sanità ha infatti autorizzato l’azienda ospedaliera bergamasca ad eseguire sia il trapianto di pancreas e di isole pancreatiche sia quello combinato di rene e pancreas, esprimendo parere favorevole alla richiesta avanzata nel giugno scorso e fortemente sostenuta anche dal direttore del Centro nazionale trapianti, Nanni Costa.

Che il trapianto di isole pancreatiche sia destinato a diventare nel giro di alcuni anni una tra le metodiche più utilizzate per contrastare il diabete di tipo 1 (quello cioè insulino dipendente) sta nella diffusione della malattia. Attualmente, nel mondo, i diabetici (di tipo 1 e di tipo 2) sono circa 150 milioni, ma il numero è destinato a triplicarsi entro il 2010. In Europa e in Italia si stima che entro quella stessa data l’aumento dei nuovi casi sarà attorno al 50%. Un problema di grande rilevanza anche nella Bergamasca, dove i diabetici oggi in cura sono poco meno di 28 mila.

Il placet ministeriale è il riconoscimento del lungo lavoro che i «Riuniti» stanno portando avanti da tempo con i laboratori dell’Istituto Mario Negri. «Attualmente – spiega Giuseppe Remuzzi, direttore del Dipartimento pubblico privato di Medicina specialistica e dei trapianti Riuniti-Negri – sono poco più di una ventina nel mondo i centri che eseguono il trapianto di isole pancreatiche, quella parte di pancreas al cui interno ci sono cellule sensibili al glucosio, deputate alla produzione dell’insulina. Anche Bergamo è coinvolta da diversi anni in questo settore. Nel centro di ricerche cliniche di Villa Camozzi abbiamo effettuato studi sperimentali sull’isolamento e il trapianto delle isole pancreatiche. In particolare abbiamo messo a punto le tecniche di isolamento e di purificazione delle isole».

Le isole pancreatiche sono microscopici ammassi cellulari che occupano solo il 2-3% del volume del pancreas. La messa a punto della tecnica di trapianto delle isole è stata resa possibile, alla fine degli anni ’80, da un ricercatore italiano negli Usa, Camillo Ricordi, che ha saputo separare dal pancreas un alto numero di isole vitali e funzionanti. Da allora sono stati eseguiti diversi tentativi nel mondo per il controllo glicemico mediante questa tecnica, quasi sempre in pazienti affetti da diabete di tipo 1 e già sottoposti al trapianto di un altro organo, come il rene, per poter sfruttare la terapia antirigetto già instaurata.

«Tuttavia – spiega Andrea Remuzzi, direttore del Dipartimento di Bioingegneria del "Mario Negri" – solo il 15% ha dato il risultato sperato, ossia l’insulino indipendenza, anche solo per il periodo di un anno dal trapianto. Ma la perseveranza dei ricercatori e l’ostinazione a studiare continuamente come far progredire la ricerca ha comunque dato i suoi frutti. È stato infatti un gruppo di ricercatori canadesi di Edmonton a riportare, nel 2000, risultati molto più incoraggianti dei precedenti. In un gruppo di una decina di pazienti ha infatti ottenuto più dell’80% di successi, trapiantando isole pancreatiche con la medesima tecnica, ma in due fasi successive».

Il trapianto delle isole è molto meno invasivo del trapianto di pancreas, che richiede un intervento chirurgico impegnativo e non privo di rischi per il paziente. Questo si basa sull’infusione nella vena porta del fegato di una soluzione contenente le isole pancreatiche stesse. «Una procedura complessa – spiega Mariangelo Cossolini, coordinatore aziendale al prelievo e trapianti d’organo dei "Riuniti" – che richiede un grosso sforzo organizzativo da parte di molte Unità operative dell’ospedale, peraltro già affiatate tra loro. La nuova attività di trapianto non andrà a beneficio soltanto dei pazienti del nostro ospedale, ma anche di quelli del "Niguarda" di Milano, che collaborerà con noi in questa nuova iniziativa. L’autorizzazione ministeriale conferma la bontà del nostro programma di trapianti e la capacità degli operatori coinvolti a lavorare in sinergia, mettendo a disposizione ciascuno le proprie competenze professionali a favore della cura dei pazienti».

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