Sette anni al padre della Val Seriana accusato di aver picchiato il figlio

È stato condannato a sette anni di reclusione e a pagare una provvisionale di un milione di euro l’operaio quarantenne della Valseriana processato con l’accusa di aver picchiato il figlio di pochi mesi a tal punto da causargli gravissime lesioni al cervello, che lo hanno poi reso tetraparetico. Il risarcimento danni dovrà poi essere stabilito dal tribunale civile. La condanna è stata emessa dal collegio presieduto dal dott. Giovanni Ferraro.L’uomo aveva sempre negato le accuse, sia durante le indagini sia durante il dibattimento e aveva chiesto l’assoluzione. La storia del bimbo inizia pochi mesi dopo la sua nascita, avvenuta nel dicembre ’92 all’ospedale di Alzano Lombardo. All’inizio dell’anno successivo il piccolo viene portato in ospedale, sempre ad Alzano: è in preda alle convulsioni. I medici lo fanno trasferire ai Riuniti, dove rimane ricoverato per circa un mese, da marzo ad aprile. Qui gli diagnosticano un «"ematoma subdurale

postraumatico», cioè una raccolta di sangue concentrata nella zona delle meningi e causata da un trauma. Per il piccolo inizia il calvario: passa da un medico all’altro fino a quando, nel ’97, viene visitato all’Istituto neurologico di Pavia. Il verdetto è terribile: tetraparesi spastica e ritardo mentale. I medici inviano un referto agli inquirenti perché hanno riscontrato una natura traumatica nelle lesioni. I sanitari parlano espressamente di traumi da sbattimento in epoche diverse, addirittura alcuni probabilmente causati da pressioni sulla carotide (posizione sostanzialmente confermata anche dai periti nominati dal Tribunale nel corso del primo processo e contestata invece dal consulente della difesa). La segnalazione finisce sulla scrivania del pm Mario Conte, che apre un fascicolo, poi passato - a causa di una serie di cambi d’ufficio - nelle mani di un altro magistrato fino ad approdare al pm Chiaro. Durante le indagini la madre racconta di aver lasciato più volte il piccolo solo con il padre, un uomo dal quale si stava separando a causa del suo atteggiamento violento nei suoi confronti. L’attenzione degli inquirenti si concentra sull’uomo, che nel ’99 finisce per la prima volta davanti al giudice dell’udienza preliminare. Il gup lo proscioglie e il pm appella la sentenza, ottenendo ragione davanti alla Corte bresciana, che dispone il processo. Il giovane

operaio nega ogni responsabilità. Si arriva al processo, che si chiude con un rinvio degli atti alla Procura che, nel frattempo, ha indagato anche la madre per concorso

nel medesimo reato. Si torna un’altra volta in un’udienza preliminare: la donna viene prosciolta, il marito di nuovo rinviato a giudizio. Il processo

riparte fino all’udienza conclusiva del 7 novembre scorso. Adesso è arrivata una prima sentenza.

(14/11/2005)

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