Sembrano invincibili, i nostri ragazzi...

di Giorgio Gandola

Sembrano invincibili, i nostri ragazzi. E in quel sembrano c’è tutto il dolce inganno dell’età. Sembra che il mondo scodinzoli vinto ai loro piedi quando parlano a voce alta, quando «si piacciano» su Facebook, quando tentano di pigiare nello zainetto tutti i sogni con i quali travolgere le nostre convenzioni.

Sembra, a 15 anni. In realtà questi piccoli uomini sono la quintessenza della fragilità. Quella che ti porta a tornare a scuola dopo l’estate, a salutare gli amici, a salire al quinto piano del liceo Lussana e a guardare il vuoto troppo da vicino. È accaduto ieri, non c’è altro da dire. «Nessun uomo è un’isola» scriveva Hemingway. Figuriamoci i nostri ragazzi, ai quali negli ultimi anni abbiamo dato tutti gli strumenti per restringere l’immensità dell’orizzonte fino allo schermo di un palmare. Ma non abbiamo saputo dire loro che dentro quello schermo non ci sono risposte, al massimo altre domande.

C’è un ragazzo che chiede di vivere dopo aver guardato il vuoto da vicino. Ma che ha un motivo straordinario per vincere questa battaglia. Ieri il suo papà, chirurgo, ha voluto stare in sala operatoria a lottare accanto a lui. Un gesto che nasconde qualcosa di tenero e immenso. Perché nessuna notte sia infinita.

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