Cinque pecore sbranate in quota: un ritrovamento che sembra portare una firma ben precisa, quella di JJ5, l’orso bruno di tre anni giunto dal Trentino che quest’estate ha involontariamente attirato i riflettori dei media su di sé. Nella Bergamasca, e in particolare nella zona di Valgoglio, ha trovato un ambiente ideale: ha sbranato indisturbato 68 ovini e ha svuotato 5 arnie. Ma l’ennesimo rinvenimento di una predazione di plantigrado in terra bergamasca, se confermato, non significa soltanto che è ancora nei nostri paraggi, ma che probabilmente ha intenzione di trascorrere qui l’inverno. A fine settembre infatti l’orso era tornato sui suoi passi per raggiungere la Valtellina, dopo aver lasciato una ventina di giorni fa a Vilminore un’impronta nella cera di un’arnia distrutta, ma ora sembra aver fatto dietrofront. L’autenticità della sua «firma» non c’è ancora (arriverà probabilmente lunedì 3 novembre dopo il sopralluogo della polizia provinciale). Ma Matteo Zanga, 28 anni, di Villa d’Ogna – fotografo, tecnico del Soccorso alpino e volontario della Croce Blu di Gromo – non ha alcun dubbio. «Soltanto un orso – dice – avrebbe potuto compiere una tale carneficina». Domenica, intorno alle 7, Zanga è partito da Valgoglio incamminandosi in solitaria lungo il sentiero della Val Sanguigno. «Arrivato a circa 1.400 metri d’altezza – racconta – ho trovato un pastore che cercava le sue pecore: una ventina, secondo lui, erano state sbranate dall’orso. Mi ha quindi pregato di guardarmi intorno e di avvertirlo in paese, a Valgoglio, nel caso le avessi avvistate. Mi ha poi indicato la zona dove poco prima aveva trovato le carcasse delle sue bestie». Zanga è arrivato a quota 1.600 metri, nei pressi del sentiero che dal rifugio Gianpace conduce alla capanna del Lago Nero, e si è insospettito vedendo dei corvi che svolazzavano in una zona. «Ho trovato a terra cinque pecore: erano state sbranate a una trentina di metri l’una dall’altra, su una coltre nevosa alta circa dieci centimetri. Una pecora, in particolare, è stata trascinata sulla neve, e la scia di sangue era ancora ben visibile, fino sotto un pino del vicino bosco. Alcune sembravano solo uccise». Matteo Zanga ha quindi fotografato le pecore sbranate ed è ridisceso a valle. «Di quelle vive – chiosa – non ne ho vista nemmeno una. Di animali morti, ogni tanto, mi è capitato vederne in montagna. Ma è la prima volta che mi capita di vedere una tale scena». Parla con prudenza, ma non nasconde un pizzico di soddisfazione, il responsabile del Servizio faunistico provinciale, Giacomo Moroni, che segue le scorribande dell’orso sin dal suo arrivo nelle nostre valli. «In un primo momento – spiega –, dal punto di vista zoologico-tecnico scientifico, si ipotizzava che l’orso stesse tornando verso il Trentino, nel parco Adamello-Brenta, l’area dov’è nato, ha trascorso i suoi primi tre inverni. Ma JJ5 non smette mai di stupirci e sembra essersi veramente affezionato al nostro territorio». «Nonostante abbia accumulato un notevole strato di grasso sottocutaneo – spiega Moroni – l’orso, se quest’ultimo rinvenimento viene confermato, non intende più andare in letargo nella sua terra d’origine. Pare quindi deciso di svernare sulle Orobie bergamasche. Dato questo che conferma la ancora elevata naturalità del territorio. Non a caso, infatti, tra le nostrane cavità naturali ci sono molti toponimi che si rifanno proprio all’orso». Attenzione però: se mai trovaste JJ5 in qualche anfratto non fotografatelo (lo vieta una un’ordinanza emessa dal Parco delle Orobie ), non dategli da mangiare (non ne ha bisogno) e, soprattutto, non disturbate il suo sonno. (03/11/2008)
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