Roghi alla Cavalleri in Calabria
Calvi non risponde alle domande

Livio Calvi si è avvalso della facoltà di non rispondere, giovedì mattina a Bergamo, durante l’interrogatorio di garanzia avvenuto in carcere davanti al gip Bianca Maria Bianchi.

L’uomo, 58 anni, nato e residente a Zogno, ma soprattutto di professione – e da oltre trent’anni – capocantiere della Cavalleri, è stato arrestato con l’accusa, in concorso, di danneggiamento, simulazione di reato e tentata estorsione ai danni della Cavalleri di Dalmine, in provincia di Vibo Valentia.

Tutti avevano dato per scontato che fosse stata la mafia, tra la fine dell’anno scorso e i primi mesi del 2015, a incendiare i mezzi di lavoro, lasciare un bossolo sul parabrezza dell’auto del direttore del cantiere e fare telefonate minatorie del tipo: «Se non ve ne andate, la prossima volta le cartucce saranno piene, per te e i tuoi colleghi». Tutti pensavano infatti che la criminalità organizzata calabra non avesse gradito che a vincere un appalto da venti milioni di euro per la costruzione, per conto dell’Anas, della «Trasversale delle Serre» (un’arteria che collegherà la sponda tirrenica a Vibo Valentia con quella jonica a Soverato), fosse stata un’impresa bergamasca.

Tutti, tranne i carabinieri della compagnia calabra di Serra San Bruno, che hanno scoperto che dietro gli episodi c’era in realtà il bergamasco. Mercoledì mattina i carabinieri sono arrivati dalla Calabria a Zogno e hanno bussato alla porta della casa di Calvi dove il muratore vive con la famiglia.

I militari avevano in mano un’ordinanza di custodia cautelare nella quale il gip di Catanzaro Abigail Mellace disponeva l’arresto del capocantiere, che è stato quindi portato nel carcere di via Gleno a Bergamo. Nessuna novità, comunque, per Calvi, che era già indagato a piede libero dallo scorso 23 marzo, quando la magistratura calabrese aveva notificato al cinquantottenne un avviso di garanzia: in seguito interrogato, Calvi si era però avvalso della facoltà di non rispondere. Proprio come ora.

Nelle settimane successive i magistrati hanno chiesto e ottenuto la custodia cautelare, perché il capocantiere (che nel frattempo aveva lasciato il lavoro) avrebbe cercato di inquinare le prove. In particolare, l’11 aprile scorso Calvi aveva raggiunto il suo ormai ex datore di lavoro, Gregorio Cavalleri (che tra l’altro risulta indagato nella stessa indagine, ma a piede libero, dal 23 marzo scorso, con le accuse di frode nelle pubbliche forniture in concorso e simulazione di reato), e avrebbe tentato di giustificare il suo comportamento, spiegando di aver agito «per paura». Cavalleri aveva subito denunciato il fatto ai carabinieri di Dalmine. Livio Calvi deve rispondere delle accuse, in concorso, di danneggiamento, simulazione di reato e tentata estorsione. Dall’ottobre dell’anno scorso nel cantiere della «Trasversale delle Serre», Calvi avrebbe incendiato, nell’ordine, sette mezzi di proprietà (o presi in affitto) dalla stessa Cavalleri o di imprese locali che lavoravano in subappalto.

Inoltre Calvi avrebbe simulato di essere stato a sua volta minacciato – evidentemente per allontanare da lui eventuali sospetti –, il venerdì precedente a quello della sua telefonata a Sansone, da persone che, mentre raggiungeva l’aeroporto calabro di Lamezia Terme, gli avrebbero detto di «allontanarsi dal cantiere, altrimenti la prossima volta i proiettili sarebbero stati carichi». Lo avrebbero inoltre minacciato di non dire nulla, in quanto «sapevano – ha raccontato nella sua denuncia – dove abitavo e chi erano i miei familiari». Secondo chi indaga, il capocantiere avrebbe architettato tutto il piano (è in corso di chiarimento se d’accordo con qualcun altro: al momento è l’unico arrestato) per costringere la Cavalleri a lasciare il cantiere in Calabria, avvantaggiando così altre ditte legate alla criminalità locale. Per questo i magistrati contestano a Calvi l’aggravante del metodo mafioso. «Siamo allibiti», commentano dall’azienda di Dalmine.

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