Rifugiati in fuga da Mariupol: «Bimbi morti per fame». Biden: «Pronto ad andare a Kiev»

Ucraina Il presidente americano Joe Biden, rispondendo ai giornalisti, si è detto «pronto ad andare in Ucraina». L’Ucraina sta affrontando un nuovo attacco della Russia a est e sud. Ed il fronte orientale, dice Zeleknsky, si trova nella «situazione più difficile»

Il presidente americano Joe Biden è «pronto ad andare in Ucraina». Così lo stesso Biden ha risposto ad una domanda dei giornalisti. Il presidente aveva appena detto che l’amministrazione sta valutando se inviare un alto funzionario a Kiev e i giornalisti gli hanno chiesto: «Chi manderete?». Il presidente ha risposto: «Siete pronti voi ad andare?». Uno di loro ha quindi ribattuto: «E lei?». «Sì», ha risposto Biden.

Qualsiasi tentativo della Russia di ostacolare il trasferimento di armi all’Ucraina rischia di innescare un’escalation. Lo ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan secondo quanto riportato dalla Cnn. «Gli Stati Uniti non stanno operando in Ucraina, ma se i russi dovessero colpire una qualsiasi parte di territorio della Nato, dove le attrezzature militari vengono assemblate, questo comporterebbe l’invocazione dell’articolo 5 e cambierebbe completamente il gioco», ha sottolineato.

Gli Stati Uniti non «prendono alla leggera» la possibilità che la Russia possa usare armi nucleari in Ucraina. Lo ha detto il direttore della Cia, William Burns. «Data la disperazione del presidente Putin e della leadership russa, date le battute d’arresto che hanno affrontato finora militarmente, nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia rappresentata da un potenziale ricorso ad armi nucleari tattiche o a basso rendimento», ha avvertito sottolineando tuttavia che gli Usa non hanno notato alcun segnale che Mosca stia preparando un attacco del genere.

«Alcuni dei nostri amici e partner capiscono che ora è un momento diverso, che non è più una questione di affari e denaro, ma è una questione di sopravvivenza»

Duro attacco di Volodymyr Zelensky ai paesi europei che continuano ad acquistare petrolio russo: sono «soldi sporchi del sangue di altre persone», ha denunciato il presidente ucraino in un’intervista alla Bbc. Zelensky ha chiamato in causa soprattutto la Germania e l’Ungheria, accusandole di bloccare gli sforzi per un embargo sulle vendite di energia, da cui la Russia dovrebbe guadagnare oltre 300 miliardi di dollari quest’anno. «Alcuni dei nostri amici e partner capiscono che ora è un momento diverso, che non è più una questione di affari e denaro, ma è una questione di sopravvivenza», ha aggiunto. Le atrocità commesse dalle truppe russe a Mariupol e nella periferia di Kiev, a Bucha e Borodyanka, hanno ulteriormente ridotto le possibilità di colloqui di pace con i russi. Lo afferma Volodymyr Zelensky in un’intervista alla Bbc. Quanto accaduto a «Bucha ci porta ad essere vicini a interrompere» i colloqui di pace, ha aggiunto il presidente ucraino. «Non si tratta di me, si tratta della Russia. Non avranno più molte possibilità di parlare con noi». Zelensky parlando di Mariupol ha spiegato che «oltre alle decine di migliaia di morti, molti sono scomparsi» e «sono stati portati in Russia, alcuni nei campi, altri in altre città».

«Gli Stati Uniti, il Regno Unito, alcuni Paesi europei stanno cercando di aiutare e stanno aiutando. Ma continuiamo ad averne bisogno più velocemente. La parola chiave è adesso»

L’Ucraina sta affrontando un nuovo attacco della Russia a est e sud. Ed il fronte orientale si trova nella «situazione più difficile». Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky in un’intervista alla Bbc, aggiungendo comunque che là «si concentrano le nostre unità più potenti». Allo stesso tempo, il leader ucraino ha rinnovato l’appello agli occidentali a fornire più armi. «Gli Stati Uniti, il Regno Unito, alcuni Paesi europei stanno cercando di aiutare e stanno aiutando», ha detto. «Ma continuiamo ad averne bisogno più velocemente. La parola chiave è adesso».

Il cinquantesimo giorno di guerra in Ucraina si apre con le notizie che arrivano dal Mar Nero sulle sorti dell’incrociatore lanciamissili russo «Mosca» il cui equipaggio - secondo alcune fonti più di 500 marinai - è stato evacuato. Kiev ha affermato di averlo colpito ieri con un missile Neptune mentre si trovava al al largo di Odessa. Secondo Mosca, la grande nave da guerra è stata invece seriamente danneggiata per l’esplosione delle munizioni che trasportava, in seguito a un incendio sviluppatosi a bordo. Ieri il governatore di Odessa, colonnello Maksym Marchenko, aveva confermato attraverso il suo canale ufficiale Telegram che la nave era stata colpita dai missili ucraini ed era in fiamme al largo della città. Sempre secondo Marchenko, quando è stata colpita la nave si trovava nelle acque territoriali ucraine davanti all’Isola dei Serpenti. L’incrociatore missilistico russo Moskva, in fiamme da mercoledì sera e che Kiev aveva rivendicato di aver colpito, «ha perso stabilità ed è affondato mentre veniva rimorchiato durante una tempesta». Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo, citato da Interfax.

«A Mariupol i corridoi umanitari sono quasi inesistenti, perché i militari russi non informano le persone chiuse nei rifugi. L’unico modo per uscire e andare in Crimea o Russia, dove alla frontiere alcuni ci dicono di essere stati umiliati e costretti a stare nudi di fronte ai soldati. Nella città manca cibo e continuano il saccheggio dei negozi mentre molti sono stati costretti a bere acqua di neve. I primi a morire sono i bimbi più piccoli, per la fame». È quanto riferiscono alcuni rifugiati di Mariupol - giunti a Dnipro da una settimana - all’inviato dell’Ansa in un centro di accoglienza a Dnipro. Dall’inizio dell’invasione, sono almeno 503 i civili uccisi nella regione orientale di Kharkiv, al confine con la Russia. Lo ha riferito il governatore locale.

Biden, 800 milioni a Kiev

Joe Biden annuncia a Volodymyr Zelensky l’invio di altri 800 milioni di dollari di nuove armi e tira dritto sulle accuse di genocidio a Mosca. «Bucha, Mariuopol, Kramatorsk sono tutti esempi di violazioni dei diritti umani da parte della Russia in Ucraina», ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, a proposito dell’accusa di Joe Biden che Putin stia compiendo un genocidio. «Il presidente parlava basandosi su ciò che ha visto, sulle atrocità compiute da Mosca». Nel nuovo pacchetto di armi Usa all’Ucraina ci sono anche dispositivi di protezione individuale contro armi chimiche. Nella lista figurano anche elicotteri Mi-17 e obici.

L’invio di mezzi di protezione contro armi chimiche è basato, ha ribadito il Pentagono, «sulle preoccupazioni che abbiamo da tempo che Mosca possa usare armi chimiche». Una posizione, quella di Washingtoh, che ha provocato l’irritazione di Pechino e Mosca, mentre da Parigi il presidente Macron mette in dubbio l’utilità di una «escalation di parole» per porre fine alla guerra. Di parere diverso, invece, il premier canadese Justin Trudeau, che per la prima volta evoca il «genocidio» in Ucraina. «Questa non è una guerra, è terrorismo» ha infine sottolineato il presidente polacco Andrzej Duda in visita a Kiev.

Intanto l’amministrazione Usa, riporta il New York Times, starebbe valutando l’invio nella capitale ucraina di una figura di alto profilo. Non Joe Biden o Kamala Harris poiché per garantire la loro sicurezza dovrebbe essere dispiegato un dispositivo enorme, incompatibile con il teatro di guerra, ma più probabilmente un ministro del governo o un alto funzionario militare. Nessuna decisione, comunque, è stata ancora presa e comunque non verrebbe annunciata in anticipo. In passato, anzi, le visite di funzionari americani in altre zone di guerra sono state annunciate solo dopo il loro arrivo nel Paese o addirittura alla partenza.

Nel suo discorso quotidiano, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che «o la leadership russa cercherà la pace, o come risultato di questa guerra, la Russia lascerà per sempre la scena internazionale». Un conflitto, insomma, che oltre che sul terreno si combatte a suon di parole. Dopo che i separatisti filo-russi avevano rivendicato il «totale controllo» del porto - negato da Kiev ma successivamente riaffermato da Mosca - la Russia ha dipinto un nemico ormai alle corde, piegato e sempre più demoralizzato. Al punto che 1.026 militari ucraini si sarebbero arresi, tra cui 162 ufficiali e 47 soldatesse. Secondo il portavoce della Difesa russa, il maggiore Igor Konashenkov, a cedere le armi sono state le truppe «della 36/ma brigata di marines, nei pressi dell’acciaieria Ilyich», da giorni al centro di un rimpallo via social di appelli disperati e smentite di una resa. E ancora una volta, Kiev ha smentito che abbiano ceduto. Anzi, per Zelensky è la stessa Mosca a nutrire dubbi sulla sua capacità di spezzare l’Ucraina.

L’offensiva russa continua nel frattempo a puntare sul Donbass, dove continua a bombardare e sta raggruppando le forze per tentare la spallata definitiva e prendere il controllo dell’intero territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk. Soprattutto da queste zone che parte della popolazione è già stata «deportata» in Russia, secondo Kiev: oltre mezzo milione di persone, ha denunciato Zelensky, condotte con la forza in regioni remote del Paese, confiscandone documenti e oggetti personali, come i telefoni cellulari, e separando i bambini dai loro genitori per consentire alle famiglie russe di adottarli illegalmente.

Se l’obiettivo strategico si concentra a est, Mosca torna a minacciare anche Kiev, da cui le sue truppe si sono ritirate lasciandosi alle spalle i massacri di Bucha e delle altre città satellite. La Difesa di Putin si è detta pronta a colpire i centri di comando nemici, anche nella regione della capitale, se l’esercito ucraino continuerà nei suoi tentativi di attaccare strutture in Russia.

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