Referendum, Renzi: «Al voto nel 2018»
A L’Eco tre mesi fa: «Se perdo, a casa»

Dietrofront oppure assoluta convinzione di vincere? Al Cafè della Versiliana la risposta del premier Matteo Renzi a Paolo Del Debbio è sibillina. «Si vota nel 2018”. Comunque vada il referendum?» «Sì, le elezioni le abbiamo nel 2018».

La prima interpretazione è quella data dai suoi avversari, che oggi lo attaccano: il presidente del Consiglio ha sempre detto che in caso di sconfitta sarebbe andato a casa, ora invece ha cambiato idea. La seconda, suggerita dalla maggioranza, non è così immediata: Renzi ha detto che si voterà nel 2018 perché è assolutamente convinto della vittoria. Sulla convinzione del premier c’è poco da discutere. L’ha mostrata anche nella discussa intervista di domenica sera: «Questo referendum è molto semplice ma per colpa anche mia è diventato un dibattito su tutto. In realtà, la domanda sulla scheda è: volete approvare la riforma costituzionale che prevede una riduzione dei costi della politica, che supera il meccanismo del ping-pong tra Camera e Senato? Chi vota No si tiene il Paese così com’è. Lo voglio dire chiaro, la democrazia non è sotto assedio».

Un altro dei passaggi cruciali: «Tutti mi chiedono cosa faccio se vince il no. Ma bisogna uscire da questa cultura... Se vince il No quello che faccio l’ho già detto». Appunto, cosa ha detto? Vi proponiamo un passaggio dell’intervista rilasciata a L’Eco e pubblicata lo scorso 21 maggio quando il premier è stato ospite a Bergamo proprio per lanciare la campagna elettorale in vista del referendum: Dal palco del Teatro Sociale comincia la partita da lei stesso definita decisiva per il governo. È sempre convinto che la personalizzazione del referendum costituzionale sia una strategia vincente? «Lei chiama personalizzazione ciò che io chiamo serietà. Si vota su un quesito semplice: volete finalmente cambiare passo e ridurre il numero e gli stipendi dei politici? Se dite sì, si cambia. Se dite no, continueremo con questi sprechi. Volete che le Regioni si occupino finalmente delle loro priorità e competenze senza sprecare soldi e tempo nelle promozioni turistiche in Cina o in venti diverse legislazioni sull’energia e sui rifiuti, sulle autorizzazioni e sulle infrastrutture? Se dite sì, si cambia. Se dite no, continueremo con questo federalismo sprecone dove molte regioni buttano via i fondi europei. Volete un governo stabile che dura cinque anni, sulla base delle indicazioni dei cittadini? Se dite di sì, si cambia. Se dite no, torneremo all’instabilità, ai governi che cambiano ogni anno, agli inciuci di palazzo. Tutto qui. Il referendum è su questo. Se lo vinciamo, l’Italia diventerà un Paese più semplice e più stabile. Se lo perdiamo, vado a casa. Per serietà. Non resto aggrappato alla poltrona. Questa è personalizzazione? No. Questa è serietà».

© RIPRODUZIONE RISERVATA