Racket dei sordomuti anche a Bergamo Vittime costrette a vendere gadget nei locali

È coinvolta anche Bergamo nella presunta rete malavitosa che fa capo alla Russia e che si dirama in tutta Europa dedita allo sfruttamento di persone sordomute mandate a vendere gadget, dagli accendini ai portachiave, nei bar, nei ristoranti, sui treni. Solo in Italia si calcola siano tra le 400 e le 500 le vittime dell’organizzazione che opera in tipico stile mafioso e i cui affiliati sono anch’essi in massima parte sordomuti. Sedici presunti responsabili dell’organizzazione sono agli arresti, accusati, insieme ad altri dieci a piede libero, di associazione a delinquere di stampo mafioso e di numerosi altri reati - dal sequestro di persona all’estorsione e rapina - con richiesta di rinvio a giudizio che sarà esaminata lunedì dal gup del Tribunale di Bologna Elisa Picaroni. I 26 imputati, di età tra i 24 e i 48 anni, sono in prevalenza russi, ma anche ucraini, armeni e un italiano nativo di Milano e residente a Modena. L’indagine è partita nel 2003 con la prima denuncia di uno dei sordomuti, che ha deciso di ribellarsi all’organizzazione rompendo il muro d’omertà e svelando il fenomeno agli inquirenti. Dietro promesse di ottenimento di un lavoro in Europa occidentale, cittadini audiolesi in prevalenza della Russia venivano fatti arrivare in Italia piuttosto che Spagna, Francia, Svezia o Germania, mandati in giro a vendere gadget e costretti a pagare all’organizzazione un pizzo tra il 30 e il 50% dei guadagni. Chi sgarrava diventava oggetto di minacce, violenze, ricatti, rapimenti, con ritorsioni anche sui familiari rimasti in patria. In Italia il racket si è rivelato particolarmente radicato nel Centro-Nord con presenze di sordomuti taglieggiati soprattutto a Milano, Roma, Bologna, Firenze, Lodi, Vigevano, Modena, Piacenza, Ferrara, Rimini, Imperia, Livorno, Viareggio, Cesenatico e Bergamo.

(27/11/2004)

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