Cronaca
Mercoledì 25 Settembre 2002
Rachida è tornata: «A Bergamo il nostro futuro»
Conclusa l’odissea della mamma marocchina bloccata in Spagna: la donna, bisognosa di cure, potrà sottoporsi alle radioterapie in ospedale
Rachida e i suoi due bambini sono tornati a casa ieri pomeriggio, erano le quattro e mezza quando salivano le scale della loro casetta in via Trento a Zandobbio, una casetta con i serramenti antichi e la stufa economica in cucina. Hassan, il marito, è schivo, di poche parole, ma la stretta di mano è piena di calore. Dice Hassan: «Non credevo che avreste potuto aiutarmi, non volevo nemmeno venire al giornale. Se non era per la signora Margherita, una dei titolari dell’azienda per cui lavoro, io non sarei mai venuto. La signora ha insistito, ancora nel parcheggio, prima di salire, abbiamo litigato. Ho accettato e ho fatto bene. Se non fosse stato per voi forse mia moglie sarebbe tornata fra qualche mese, forse non sarebbe nemmeno più tornata a Bergamo. Sono contento». L’aiuto dei titolari Hassan Hallou è in Italia da dodici anni, da sei lavora presso la «Granulati Zandobbio». I titolari della ditta sono talmente soddisfatti del suo comportamento che quando hanno saputo dell’equivoco che ha costretto la moglie Rachida e i figli a separarsi dal padre sono intervenuti cercando di aiutarlo in tutti i modi possibili. E infatti, ieri pomeriggio, all’aeroporto di Malpensa a prendere Rachida e i suoi bimbi è andata anche Margherita Sottocornola. «Non mi sembra vero - ha detto - Temevo anch’io che Rachida non potesse più tornare, invece è andata bene. L’ambasciata ha firmato il visto di reingresso puntualmente come aveva promesso, non c’è stato nessun problema».
Anche il viaggio è andato nel migliore dei modi. Mamma e bambini sono partiti da casa alle 5.30, sono andati in aeroporto e hanno preso il volo che li ha portati da Oujda a Casablanca e poi a Milano.
La vicenda di Rachida è stata raccontata ampiamente. La donna soffre di una forma grave di diabete e nel marzo scorso ha subito un intervento chirurgico per via di un tumore alla tiroide. In seguito è stata sottoposta a sedute di medicina nucleare. A causa di queste vicende, la donna ha perso ventotto chili. Nonostante la salute malferma, a fine luglio, Rachida chiese al marito, Hassan, di tornare in Marocco per salutare la madre e i parenti. Non c’erano più biglietti di aereo così Hassan e il cugino Ahmed decisero di raggiungere il Marocco in auto. Andò tutto bene fino al ritorno. Il 24 agosto si imbarcarono a Nador per arrivare dopo sei ore ad Almeria, in Spagna. Qui, i gendarmi spagnoli bloccarono Rachida: il suo viso non corrispondeva perfettamente a quello della fotografia del permesso di soggiorno.
Uno scambio
di persona
A nulla valsero le proteste di Hassan che spiegava della malattia, della perdita di peso. Per i gendarmi si era di fronte a uno scambio di persona. Sequestrarono il permesso e Rachida venne rispedita in Marocco immediatamente. Hassan e i bambini la seguirono. Cominciò un’odissea, Hassan andò dall’autorità marocchina, poi all’ambasciata d’Italia e quindi a quella di Spagna. Non ottenne alcun risultato. Decise di tornare in Italia pensando di trovare aiuto. Andò alla Cgil, poi in questura, senza risultato. Tornò alla carica aiutato dalla signora Sottocornola. Quindi arrivò al giornale e raccontò la sua storia. In seguito sia la prefettura, sia la questura, sia il ministero degli Esteri scesero in campo fino alla soluzione del problema.
In questo freddo tardo pomeriggio, Rachida sussurra nel suo italiano stentato che è contenta di essere a Zandobbio perché qui c’è suo marito. E la piccola Fatima dice che è contenta perché ha ritrovato il suo papà. E il piccolo Mohammed, quattro anni, appena arrivato ha chiesto ad Hassan: «Papà, ma dove sei stato tutto questo tempo?».
Un futuro
In Italia
I bambini lo abbracciano, lo tengono stretto, Rachida guarda con i suoi occhi scuri, velati di preoccupazione. Hassan spiega che questa mattina si metterà in contatto con gli Ospedali Riuniti di Bergamo per riprendere la terapia nucleare. Dice Hassan: «Sono contento di avere riunito la mia famiglia. Noi musulmani consideriamo la donna inferiore all’uomo? Una volta, forse. E non io di sicuro».
Il piccolo Mohammed ha la camicia bianca, la cravattina. Fatima porta minuscoli orecchini d’oro, i capelli sono raccolti in una coda di cavallo. Fatima dice che questa mattina tornerà a scuola. Corre verso il letto a castello dove dorme con il fratellino, si tuffa sotto, ne tira fuori uno zainetto e un astuccio firmati Disney.
Dice Hassan: «Voglio che il futuro dei miei figli sia qui in Italia, voglio che studino. Anch’io ho studiato, fino a 22 anni, letteratura araba, ma non c’è futuro in Marocco, bisogna emigrare».
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