Parcheggio della Fara in Tribunale
Comune e Provincia no parte civile

Udienza di smistamento sulla scottante questione del parcheggio della Fara. Dopo il rinvio a giudizio deciso lo scorso aprile, il giudice ha accolto un’eccezione della difesa e ha escluso due delle tre parti civili: il Comune di Bergamo e la Provincia di Bergamo.

Udienza di smistamento mercoledì 4 giugno sulla scottante questione del parcheggio della Fara. Dopo il rinvio a giudizio deciso lo scorso maggio, il giudice ha accolto un’eccezione della difesa e ha escluso due delle tre parti civili: il Comune di Bergamo e la Provincia di Bergamo, confermando invece la Società di Bergamo Parcheggi.

Il processo si avvierà in ottobre, dopo la prescrizione del reato ambientale che era stata dichiarata invece lo scorso aprile.

La vicenda è quella della realizzazione del parcheggio alla Fara, nel cui cantiere nel 2008 s’era registrato uno smottamento. Per arginarlo era stata costruita una barriera con terra di riporto proveniente dallo scavo della galleria Parscera, tra Carvico e Villa d’Adda. Per il conferimento era stata incaricata la Locatelli Spa, che - per l’accusa - avrebbe scaricato materiale classificato come rifiuto e sostanze come cromo e arsenico, in valori nella norma per aree commerciali (come parcheggi), ma irregolari in presenza di vincoli paesaggistici (per i pm ci sono).

Il gup Palestra il 2 aprile ha rinviato a giudizio Pierluca Locatelli, l’ex patron dell’omonimo gruppo, e tre suoi ex collaboratori, cui è contestata solo la frode in pubbliche forniture. Il reato ambientale (art. 256 dlgs 152/06) è infatti stato dichiarato prescritto dal gup. Per i pm, invece, il reato è permanente, essendo il materiale ancora al suo posto: insomma, la barriera sarebbe praticamente una discarica.

Il giudice invece interpreta il reato come azione terminata con il conferimento, «fermo restando che da quelle date (2007 per Carvico e Villa d’Adda, febbraio 2009 per la Fara, ndr) non risulta essere stata posta in essere in quei siti nessuna attività, di nessun genere». In pratica, scrive Palestra, «con l’ultimo conferimento di “rifiuti”, o con il venir meno di una qualunque attività di “gestione”, cessa la permanenza del reato, escludendosi cioè che - fino a un ipotetico ripristino ambientale, che potrebbe anche non arrivare mai - il reato continui una sua perdurante - eterna? - “consumazione”».

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