Processo Bossetti, difesa all’attacco
Nel mirino tracce, Dna e telecamere

Si è conclusa poco prima delle 19 la terza udienza del processo Bossetti con protagonista il colonnello Giampietro Lago, comandante dei Ris di Parma e consulente dell’accusa, che è stato sottoposto al controesame della difesa. L’attenzione si è concentrata su diversi elementi dell’indagine, soprattutto sulla prova principe, quella del Dna, che per il pm Letizia Ruggeri inchioderebbe Bossetti come l’assassino di Yara Gambirasio.

L’udienza è iniziata alle 10, presente come sempre Bossetti - che il 28 ottobre ha compiuto 45 anni -: l’imputato in pantaloni scuri e felpa blu ha salutato la sorella e si è seduto per ascoltare la continuazione della deposizione del colonnello Lago che è ritornato sulle fibre rinvenute sul corpo di Yara che sono state considerate compatibili per analisi chimiche, morfologia e composizione alle fibre dei sedili del furgone dell’imputato. Di questo si era già parlato nell’udienza di venerdì scorso.

Il comandante dei Ris di Parma si è quindi addentrato nel capitolo relativo alle sferette di metallo, piccolissime particelle, che sono state anch’esse scoperte sul corpo della ginnasta di Brembate Sopra. Sono state individuate con uno strumento che abbina un microscopio elettronico ai raggi X e che ingrandisce le particelle 200.000 volte in più di uno strumento tradizionale. Ebbene, queste sferette sono composte di ferro e in parte di manganese e cromo.

È stato controllato il terreno dove è stato trovato il corpo di Yara, ma ce n’erano pochissime e quindi si è arrivati alla conclusione che sono state trasferite dal corpo di Yara al terreno e non viceversa. Si è provato ad analizzare gli indumenti portati da studenti della stessa età della tredicenne e anche questi test non hanno condotto a risultati di rilievo (nove particelle in tutto, mentre Yara ne aveva nell’ordine di centinaia), mentre quando si è tentato con persone che lavorano con il ferro sono arrivati riscontri positivi, nell’ordine di migliaia, e anche sui sedili del furgone di Bossetti i Ris si sono imbattuti in migliaia di queste particelle di metallo. Sarebbe dunque un ulteriore indizio a carico del muratore.

Sospensione dell’udienza poco dopo le 11,15. Alla ripresa, verso mezzogiorno gli avvocati difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini sono andati subito all’attacco di Lago nel controesame. Salvagni ha chiesto su quale base statistica sia stata fatta l’indagine relativa alle sferette di metallo e il comandante dei Ris ha risposto parlando di contesto sperimentale, nel senso che sono stati soltanto quattro i ragazzi testati con i loro indumenti. La difesa ha domandato perché non siano stati controllati i giovani che frequentavano la palestra di Brembate Sopra o la sorella di Yara e perché i test sui lavoratori siano stati effettuati su operai e tornitori e non invece su muratori come Bossetti e ha per questo richiesto un supplemento d’indagini anche sul furgone di Bossetti, perché siano prese in esame tutte le sferette e non soltanto quelle riscontrate sui sedili. Il pm ha però replicando dicendo che sarebbe un inutile aggravio di lavoro. La Corte si è riservata di decidere sulla richiesta all’esito del dibattimento.

I legali di Bossetti hanno contestato anche le indagini relative alle fibre, anche perché - per dare un’idea - è emerso che non è stato accertato di quale materiale è composto il legging che indossava Yara la sera della sua scomparsa (dettaglio che ha suscitato mormorio in aula). Secondo stop dell’udienza poco prima della 14 per la pausa pranzo. L’udienza è ripresa verso le 15 e si è continuato a parlare delle fibre: la difesa ha chiesto se la comparazione è stata effettuata anche con altri campioni, per esempio il sedile dell’auto del papà di Yara, il bus di linea o i furgoni del centro sportivo: la risposta è stata negativa.

I difensori di Bossetti sono poi passati alle registrazioni delle telecamere, in cui si vedrebbe il furgone del muratore, contestando il fatto che la comparazione 3d che ha portato al riconoscimento del mezzo è stata effettuata non su tutte le telecamere, ma solo su una. Hanno quindi chiesto di una copia del filmato completo.

Dopo le telecamere, la difesa è tornata sul discusso tema del Dna, in particolare sulla qualità della traccia che ha portato all’identificazione di Ignoto 1 e sulla possibilità di un trasferimento accidentale del Dna sugli indumenti di Yara.

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