Il Papa: niente porte blindate nella Chiesa
E l’Fbi avverte: Roma e Milano a rischio

«Per favore niente porte blindate nella Chiesa, niente, tutto aperto». Lo ha chiesto il Papa nell’udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro, e il pensiero non poteva non andare ai timori innescati dalle stragi a Parigi. Questo mentre dall’Fbi l’allerta arriva fino a Milano e Roma.

Timori che devono aver fermato anche qualche fedele, giacché in piazza, in occasione della prima udienza generale dopo gli attentati di Parigi, non sembravano esserci le 15 mila persone che avevano chiesto il biglietto. Una piazza blindata e dove i controlli di sicurezza sono serrati.

«Ci sono posti nel mondo – ha commentato il Pontefice – dove non si chiudono le porte a chiave, ancora ci sono, ma ce ne sono tanti dove le porte blindate sono diventate normali, non dobbiamo arrenderci – ha esortato – all’idea che dobbiamo applicare questo sistema, che è anche di sicurezza, a tutta la nostra vita, della famiglia, della società e tanto meno della Chiesa. Sarebbe terribile una Chiesa inospitale, così come una famiglia ripiegata su se stessa inaridisce il mondo e mortifica se stessa».

Ma è proprio di mercoledì sera l’allerta dell’Fbi che avrebbe segnalato come possibili obiettivi San Pietro a Roma, il Duomo e la Scala a Milano. L’Fbi ha fatto la segnalazione alle autorità italiane di 5 nominativi sospetti su cui svolgere approfondimenti investigativi. Si tratterebbe, secondo quanto si apprende, di nomi arabi sui quali però, al momento, non ci sarebbero riscontri.

Nel documento arrivato dagli Stati Uniti non ci sarebbero infatti indicazioni né temporali né, tantomeno, di progettualità specifiche ma soltanto indicazioni generiche. In ogni caso, le verifiche sulle informazioni ricevute sono tuttora in corso e proseguiranno nei prossimi giorni.

La prima conseguenza dell’allarme proveniente dagli Stati Uniti è stata la circolare che il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha inviato ai questori di Milano e Roma. Nel documento si chiede di rafforzare ulteriormente - per quanto possibile visto che l’allerta è già a livello 2, vale a dire l’ultimo primo del livello che scatta solo in caso di attacco terroristico - la vigilanza e il controllo nelle due città, con particolare attenzione ai luoghi di culto e di aggregazione.

Sono stati inoltre disposti una serie di posti di blocco per aumentare i controlli a persone o veicoli sospetti. D’altronde in un momento come questo, con allarmi - veri o falsi che siano - in mezza Europa, partite di calcio sospese, continui blitz delle forze speciali alla ricerca di presunti terroristi e cellule nascoste, nessuna segnalazione può essere tralasciata e, anzi, va vagliata con la massima attenzione. Per evitare che la paura che già si sta diffondendo tra i cittadini, diventi panico. Non è un caso che tutte le autorità vadano ripetendo che non bisogna farsi sopraffare dal terrore: l’ha detto il premier Renzi - «dobbiamo prima di tutto vivere, ci vuole il coraggio di non rinchiudersi e di non rinunciare alla nostra identità» - e l’ha ribadito il prefetto Gabrielli: «siamo consapevoli di essere all’interno di una minaccia, ma questo non ci deve minimamente indurre ad atteggiamenti di paura». E anche il segretario di Stato Vaticano, monsignor Pietro Parolin, ha invitato a ritornare «piano piano alla normalità, perché quello che i terroristi vogliono è cambiarci la vita».

Resta il fatto che basta un niente per far salire la tensione alle stelle. Lo dimostra quel che è avvenuto in serata a Roma: è bastata una borsa sospetta lasciata incustodita ad una fermata dell’autobus a due passi dall’ambasciata americana in via Veneto ed immediatamente è scattato il piano sicurezza. L’intera area tra piazza Barberini e via Bissolati è stata chiusa al traffico mentre gli artificieri analizzavano la borsa, senza trovare nulla. E chiusure sono state disposte in via precauzionale anche in altre strade della città, vicine agli obiettivi sensibili.

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