Cronaca
Mercoledì 13 Gennaio 2010
Ottant'anni e «cappuccino»
si lancia con il parapendio
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«Le mie valigie sono sempre pronte, anche quelle per l’eternità», ama ripetere. E sul parapendio biposto c’è salito per davvero. Lo ha fatto qualche mese fa, a fine estate, lanciandosi dal Monte Farno, a Gandino, insieme all’istruttore Diego Servalli, di 40 anni più giovane, quest’ultimo bardato di tutto punto, lui, Frate Vento, in sandali e saio «perché questa è la divisa che porto sempre». Panico? Macché. «Parlava, commentava tutto quello che vedeva, ogni tanto recitava qualche preghiera, ma di ringraziamento, mica per paura. Insomma, non faceva mai silenzio, confida ancora ammirato Servalli. Quaranta minuti di volo sopra la Valgandino, raggiungendo i 1.700 metri di quota, con l’aria frizzante che faceva svolazzare la sua veste e lui con lo sguardo avido di meraviglia, un bimbo di ottant’anni a spasso per il cielo.
«Voliamo sopra Gandino - ricorda nella memoria che da Gerusalemme ha inviato al nostro giornale -, raccolto attorno alla sua basilica imponente, nella quale, anni or sono, ho predicato ai fratelli vivi, e commemorato i defunti, già "volati in cielo"... per raccomandarli a Dio. Osservo gli omìni che vagano, brulicano faticosamente laggiù... mentre io, con agilità incredibile, guidato dalla mano esperta di Diego, salgo rapido, nel vortice della corrente ascensionale che dolcemente ci "prende in giro". Fantastico! Come sono differenti le cose e le persone viste dall’alto! Mi immagino come ci vede Dio dal suo Cielo!». «Di altri frati ne ho portati ancora - rivela Servalli -, in tre lo scorso anno hanno preso il brevetto di parapendio. Però, nemmeno loro finora erano saliti col saio e i sandali. Diciamo che era una cosa più professionale. Con padre Pasquale, invece, è stato tutto così diverso». Anche Gustavo Vitali, responsabile dell’ufficio stampa della Federazione italiana Volo libero, uno degli artefici dell’«impresa», ne parla quasi rapito: «Il suo entusiasmo da fanciullo ci ha davvero sorpresi».
Su in alto a padre Pasquale, da buon francescano, è venuto in mente il Cantico delle Creature, frate Vento, ma anche Domenico Modugno e, sì, «Nel blu dipinto di blu» che si è messo a canticchiare per qualche secondo. «Le emozioni si inseguivano vertiginosamente - ricorda il religioso -, il tempo è volato, è stato Diego a ricordarmi che dovevamo rientrare. Discesa dolce e tranquilla. L’impatto al suolo è un abbraccio amico». Anche gli amici che lo attendevano sotto lo hanno abbracciato, ancora increduli per tanto coraggio. «Eravamo preoccupati, pensavamo che stesse male, sa, a quell’età. E, invece, era pimpante e ci ha detto che vuole riprovare quanto prima». È una bella storia, quella di questo frate cappuccino, undicesimo di dodici fratelli, capace di affrontare l’argomento con la leggerezza dell’ironia («Ringrazio mia madre di non essersi fermata al decimo figlio»), sempre allegro eppure mai superficiale, ciarliero eppure schivo: vent’anni fra i poveri del Brasile con padre Alberto Beretta, poi guida a Gerusalemme con i suoi «corsi biblici itineranti» ai pellegrini latinoamericani, quasi mezzo secolo in giro per il pianeta liofilizzato nelle poche righe di qualche articolo ingiallito. «Sono un fraticello semplice - dice di sé -, vado dove Dio mi chiama. Mi lascio guidare dallo Spirito Santo e dai miei superiori».
La valigia è sempre pronta, così come la sua arguzia. «Quando era a Milano - ricorda don Dante Cortinovis, parroco di Almenno San Bartolomeo -, qualcuno di notte scrisse sul muro del convento "Frati cani". Bene, padre Pasquale la mattina successiva durante la predica disse: "Ringrazio il fratello che ha scritto questa cosa. Guardate i cani come sono fedeli al loro padrone. Magari tutti noi frati fossimo così fedeli a Nostro Signore". Sembra sempre così scanzonato, ma è un vulcano d’iniziative e di santità. Il suo modo di fare così poco serioso, semplice e "leggero", ha conquistato anche molti non credenti, che sono diventati suoi amici e lo interpellano spesso». Ora Frate Vento è ripartito per Gerusalemme, in aereo. Anche stavolta sopra il campanile. Ma l’aereo di linea è viaggio, non volo. «Col parapendio è tutta un’altra cosa. Giuro che ci riprovo».
Stefano Serpellini
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