Oriocenter, polemica sulle aperture festive
«Servono davvero? È ora di regolarle»

Dopo che la direzione di Oriocenter ha comunicato, il 17 maggio, che il centro commerciale non chiuderà né il 2 giugno né a Ferragosto, interviene sulle aperture festive-estive Mario Colleoni, segretario generale della Filcams-Cgil di Bergamo.

«Le liberalizzazioni incontrollate sono sbagliate – si legge in una nota diffusa nel pomeriggio del 20 maggio –, non aiutano la crescita economica, creano dumping tra piccola e grande distribuzione, minano il principio delle pari opportunità, svendono le nostre feste, spesso svuotano i centri storici delle città a favore delle cittadelle del consumo, sviliscono la qualità del lavoro spezzettando la prestazione lavorativa e costringendo i dipendenti ad orari improbi ben poco concilianti con le necessità di riposo. Invitiamo, dunque, gli amministratori locali a prendere posizione, anche fattiva, differenziando chi rispetta i valori del lavoro e della nostra storia da chi li calpesta».

Da tempo la Filcams-Cgil ripete – e lo fa oggi anche attraverso il suo segretario generale– «che le aperture domenicali e nei giorni festivi non possono essere considerate la soluzione a tutti i mali, soprattutto perché negli ultimi anni non hanno assolutamente raggiunto lo scopo che si erano prefissate, cioè l’aumento dei consumi e dell’occupazione. Sta accadendo esattamente l’opposto: contrazione dei consumi abbastanza diffusa, talvolta anche nell’alimentare, aumento della disoccupazione nel terziario, oltre a utilizzo costante di cassa integrazione laddove possibile e contratti di solidarietà».

«Il fatto che ci siano moltissime categorie di lavoratori che lavorano di domenica è naturale, dobbiamo tuttavia ammettere che ci sono servizi utili alla collettività (ad esempio quelli di polizia, trasporto pubblico, sanitari, ecc.) e servizi non sempre necessari», continua Colleoni. «Ci sono poi i dipendenti di cinema, ristoranti, dei parchi di divertimento, dei luoghi per il tempo libero: ma i centri commerciali hanno davvero la stessa funzione?».

A proposito, poi, del reddito disponibile, Colleoni aggiunge: «Chi oggi ha 1.000 euro in tasca spenderà 1.000 euro sia nel caso che i giorni di apertura dei centri commerciali siano 6 o 7, non ne spenderà certo 1.100! Nessun paese europeo registra aperture domenicali come le nostre: in tutti i principali paesi europei sono regolarizzate come accadeva fino a qualche anno fa. Se per un attimo guardassimo alla vicina Austria e la Germania potremmo capire come forse il nostro modello non è da considerarsi necessariamente il migliore. Vogliamo farci promotori della definizione di un nuovo modello di consumo che tenga conto sia della crisi che delle nuove esigenze di mercato, ma anche e soprattutto della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori di uno dei più grandi e importanti settori dell’economia italiana. Al tempo stesso, vogliamo riaprire un confronto fra tutti i settori su cosa significhi “servizio essenziale”, invertendo la gerarchia dei valori, che al momento penalizza la dimensione sociale e relazionale della vita. La festa deve essere per tutti: regoliamo quindi le aperture domenicali e festive».

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