«Olimpico, intorno a noi l’inferno
Se questo è il calcio dei grandi...»

Doveva essere un sogno. E lo è stato. Giocare all’Olimpico. C’è qualcosa di più bello per un ragazzino che ama il calcio? Poi chi lo odia, ha rovinato tutto. Ecco il racconto dei ragazzini della Fiorente Colognola, sabato all’Olimpico, in quella giornata di vergogna e paura.

Doveva essere un sogno. E lo è stato. Giocare all’Olimpico. C’è qualcosa di più bello per un ragazzino che ama il calcio? Poi chi lo odia, ha rovinato tutto. Sabato pomeriggio, prima della desolante finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, allo stadio di Roma quattro squadre di Giovanissimi si sono amichevolmente contesi la «Junior Tim Cup - Il calcio degli oratori», la coppa dei «piccoli» organizzata da Csi, Tim e Lega serie A. La disputano quelli che abitano in una provincia dove c’è una squadra in serie A: 713 oratorio ai blocchi di partenza. Iscritti al fotofinish a ottobre 2013, pian piano rete dopo rete i ragazzini della Fiorente Colognola di Bergamo sono arrivati in cima, a un passo dal podio: hanno perso la «finalina» ai rigori contro il Verona: quarti mannaggia. Ma chisseneimporta. Il sogno c’è stato tutto lo stesso. Giocare all’Olimpico, prima della Coppa Italia... Sogno, senza se e senza ma.

Poi, quando i ragazzini a partita finita e a premiazioni ormai avvenute erano ormai negli spogliatoi (per la cronaca, ha vinto un oratorio di Udine), qualcuno arriva e dice che fuori dallo stadio c’era casino. E tutto cambia.

«Sembrava poco o niente – racconta don Sergio Armentini, curato di Colognola, che era a Roma con la squadra insieme ad alcuni genitori e ai due mister Marco Bonzanni e Alessandro Cantamesse –. Sentivamo l’eco dei disordini, ma nessuno diceva niente ed eravamo abbastanza tranquilli. Pensavano ai soliti tifosi scatenati, non immaginavamo certo quel che stava davvero accadendo. Usciamo dagli spogliatoi con i ragazzi delle altre tre squadre per andare ad assistere la partita dalla Tribuna Tevere: siamo in terza fila, posti bellissimi. Ma ben prima del calcio d’inizio della partita, previsto per le 21, c’era molta tensione. Si capiva dal caos che proveniva da fuori, anche se dentro ufficialmente nessuno diceva nulla, men che meno lo speaker. Le notizie arrivavano frammentarie, i cellulari hanno smesso di funzionare e non si poteva nemmeno chiamare per provare a informarsi. Alla fine abbiamo provato a sintonizzarci su una radio web e lì abbiamo capito».

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