«Non lavoro nei festivi», 11 anni di cause
La Cassazione le dà ragione, che ne dici?

Undici anni di battaglia giudiziaria per vedersi riconosciuto il diritto a non lavorare nei giorni festivi. Le ha portate avanti Barbara Grazioli, 47 anni, un figlio, milanese trasferitasi in provincia di Vercelli.

E alla fine tre gradi di giudizio le hanno dato ragione: la sezione lavoro del tribunale di Vercelli, la Corte d’appello di Torino e, di recente, la Cassazione, con una sentenza destinata a fare giurisprudenza.

Barbara lavorava come commessa a Loro Piana, il colosso del lusso specializzato in cashmere e tessuti pregiati. È entrata in azienda nel 1998 per occuparsi dell’apertura di alcuni outlet e della formazione del personale. Poi nel 2003 l’azienda decide di aprire un punto vendita a Romagnano Sesia e lei è una delle commesse. Nel frattempo, diventa rappresentante sindacale della Cgil. Il 6 gennaio 2004, festività dell’Epifania, non si presenta sul luogo di lavoro e riceve una sanzione disciplinare.

L’azienda, infatti, aveva chiesto ai dipendenti la disponibilità a lavorare anche l’8 e il 26 dicembre e il 1° maggio. A quel punto lei fa ricorso. «Ritenevo che questo provvedimento fosse ingiusto», spiega, «in quanto i lavoratori hanno facoltà di astenersi dal lavoro in occasione di feste infrasettimanali come confermato da diverse sentenze». Barbara all’epoca era incinta di otto mesi di Jacopo, che ora ha 11 anni. «Non lavorare nei festivi», dice, «è fondamentale per avere una buona qualità della vita e poter trascorrere il tempo libero con i propri cari».

Quella dell’Epifania, spiega Grazioli che oggi è responsabile dell’ufficio vertenze Cgil di Vercelli Valsesia, «è una delle festività previste dall’articolo 2 della legge 260/1949 e che i datori di lavoro non possono trasformare in modo unilaterale in giornata lavorativa». La Cassazione, con questa sentenza afferma che «non sussiste un obbligo generale a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati per legge per la celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro».

In pratica, è stato sancito il principio per cui il lavoro festivo infrasettimanale non può essere imposto dall’azienda senza il consenso del lavoratore. In futuri, per il commercio nei rapporti tra azienda e lavoratori cosa cambia? «Per rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali deve esserci un accordo tra le parti, non basta neanche la sola volontà del lavoratore a lavorare se non c’è anche l’accordo del datore».

Tra l’altro, se il calendario dei lavori parlamentari sarà rispettato, dal 2016 la liberalizzazione degli orari dei negozi decisa dal Governo Monti nel 2012 andrà in soffitta. Niente più esercizi commerciali aperti anche 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. La nuova legge, già approvata alla Camera a larghissima maggioranza (283 sì, nessun no, 15 astenuti), e ora in discussione in Senato, prevede l’obbligo di chiusura in 12 giornate festive e religiose (Capodanno, Epifania, 25 aprile, Pasqua, Pasquetta, 1 maggio, 2 giugno, Ferragosto, Ognissanti, Immacolata, Natale e Santo Stefano).

Sarà però possibile per i negozianti di derogare dall’obbligo di chiusura, fino a un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i 12 indicati dal testo, previa comunicazione al Comune. Non sono però ben chiari i criteri in base ai quali alcuni esercizi commerciali saranno tenuti a rispettare le nuove norme (abbigliamento e accessori, calzature, gioiellerie, articoli casa, telefonia, profumerie e servizi alla persona) e altri no (bar e ristoramenti, arredo, libri, elettronica di consumo e bricolage).

In Senato ora il testo è all’esame della Commissione industria in cui è stato costituito un comitato ristretto che dovrà esaminare i 70 emendamenti depositati a luglio. Se il testo sarà approvato, sancirà la vittoria della campagna «Libera la domenica», lanciata dalla Cei e dalla Confesercenti e appoggiata dai sindacati, che era riuscita a raccogliere le 150 mila firme necessarie per presentare in Parlamento una proposta di legge.

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UBALDO SACCHI

9 anni, 7 mesi

Io concordo semplicemente con l'opinione di Barbara: "Non lavorare nei festivi si migliora la qualità della vita ANCHE a favore della vita famigliare". Non lavorare le festività non credo che significhi mandare in rovina le aziende per cui si lavora. Chi svolge lavori di pubblica utilità e sicurezza credo che fosse cosciente di questa scelta lavorativa. Vendere abbigliamento o scarpe o gioielli o televisori non credo salvi la vita a qualcuno. Ma per carità è la mia umile opinione. Ai signori che hanno commentato, quante domeniche e festività infrasettimanali trascorrete a casa dal lavoro? E di queste, quante le passate per negozi acquistando ogni volta almeno qualcosa? Perché se di benessere si parla vuol dire che tutti mettiamo in circolazione denaro e non solo parole tanto per parlare. La legge in discussione sarebbe già una boccata d'ossigeno che lavora nel commercio.

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Maurizio Avogadro

9 anni, 7 mesi

guarda caso è una sindacalista della CGL ne ho conosciuti vari vogliono fare quello che vogliono meno che lavorare e sono intoccabili !!!!!!!

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giuseppe bordogna

9 anni, 7 mesi

Sindacalista CGIL il massimo dei lavoratori .

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Enrico Cumetti

9 anni, 7 mesi

Non capisco una cosa. Incinta di 8 mesi. E perchè non era in maternità? Qui tutti sostengono non avesse voglia di lavorare! Poi il non voler lavorare la festa mi sembra sacrosanto. Capisco il lavorare ma almeno qualche giorno a casa, nelle feste!

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MATTEO BATTAGLIA

9 anni, 7 mesi

Povera... non è stata a casa nella sua festa? cos'è si è sentita offesa? oia de laurà saltame adoss!!!! Sentenza assurda!!!!

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Gianni Baratti

9 anni, 7 mesi

Bisogna abolire l'articolo 18; solo così si possono eliminare quelli che con il loro atteggiamento rovinano le aziende.

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pierluigi facchetti

9 anni, 7 mesi

Ci sono due modi per non lavorare ma venendo comunque stipendiati. Il primo è diventare dipendente dello Stato, il secondo diventare sindacalista.

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FRANCESCO DUINA

9 anni, 7 mesi

Sono dalla parte della signora, purché si metta in proprio, così potrà lavorare quando le fa più comodo!

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Leonardo Zambetti

9 anni, 7 mesi

Che sforzo: 12 giorni obbligatori di chiusura su 365... Dovrebbero essere una sessantina come in tutti i paesi civili ma intanto accontentiamoci, magari si intravede un barlume di raziocinio nel Legislatore. E si parla pure di deroghe.

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Francesco Rozzoni

9 anni, 7 mesi

La signora sicuramente non aveva bisogno di lavorare, altrimenti col cavolo avrebbe rifiutato di lavorare nei festivi. Andatelo a dire a tanti disoccupati di adesso , che il lusso di lavorare la domenica se lo sognano. E' poi incredibile che la volontà di pochi (altrimenti non si capisce perchè ci sia gente che lavora a Natale, Pasqua, etc, vedi pompieri, medici, infermieri, etc) possa costituire un caso e imporre questa deleteria volontà su aziende che comunque , nel bene o nel male, danno lavoro e quindi benessere. Il fatto poi che la signora sia una sindacalista CGIL la dice lunga sulla politica sfasciaziende: basta osservare la lunga lista delle aziende chiuse dopo vertenze folli, la maggior parte delle quali condotte appunto da CGIL, FIOM, etc

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