Niente coniglio in tavola?
Il sindaco di Covo lancia una petizione
«Il consumo della carne di coniglio fa parte della tradizione culinaria della Bergamasca e di tutto il Nord Italia».
«Il consumo della carne di coniglio fa parte della tradizione culinaria della Bergamasca e di tutto il Nord Italia. Uno dei piatti tipici della tradizione bergamasca è appunto la “polenta e cunì”. Non è pertanto corretto che una fascia minoritaria della popolazione che considera il coniglio un animale d’affezione, impedisca a tutto il resto della popolazione, soprattutto dove è un piatto tipico, il consumo della carne dello stesso». Lo scrive il sindaco di Covo Andrea Capelletti che ha lanciato una petizione online contro la proposta di Michela Brambilla di punire l’allevamento, la commercializzazione e il consumo di carne di coniglio.
E la petizione è molto chiara: «Ritira la proposta di legge depositata in parlamento che prevede carcere o multa a chi allevi, esporti, importi, sfrutti economicamente o detenga, trasporti, ceda, riceva a qualunque titolo conigli al fine della macellazione, o ne commercializzi la carne» scrive ancora il primo cittadino.
Ma l’ex ministro è molto ferreo a riguardo: va bene dunque il coniglio come animale da salotto e da compagnia, ma non da mangiare al «forno con le patate»... È infatti questa la proposta di legge , che si affianca alla petizione promossa dalla Federazione italiana diritti degli animali e l’Associazione Aaeconigli, che ha già raccolto più di 10mila firme.
«I conigli -sottolinea la deputata di Forza Italia- meritano le stesse tutele di tutti gli altri animali che vivono nelle nostre case o che comunque sono inseriti nel contesto familiare». Tradotto in pratica, questo significa che la loro carne non può finire prima sul bancone del macellaio e poi sulle nostre tavole e che la loro pelliccia non può essere utilizzata e commercializzata.
Il regime sanzionatorio previsto dalla proposta Brambilla non è leggero: chiunque «allevi, esporti, importi, sfrutti economicamente o detenga, trasporti, ceda o riceva a qualunque titolo conigli al fine della macellazione, o commercializzi le loro carni» rischia da quattro mesi a due anni di carcere e una multa da 1.000 a 5mila euro per ciascun animale.
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