«Negozi sempre aperti nei festivi?
Un danno per tutti. Anche a Bergamo»

La denuncia della Fisascat Cisl: «Occupazione e volume d’affari sono in calo. Modalità da ripensare».

«La “grande liberalizzazione” di Monti non ha prodotto i risultati auspicati. È vero, possiamo permetterci di spendere i nostri soldi acquistando bistecche o profumi anche a mezzanotte di Ferragosto o Natale, ma l’occupazione nel commercio non è aumentata, anzi…Il numero degli operatori non è aumentato, anzi…Ia concorrenza non ha diminuito i prezzi, anzi…». La Fisascat Cisl fa i conti del settore commercio alla luce della liberalizzazione: e non mancano le sorprese. «I risultati che questa disposizione del governo tecnico ha creato è stata quella di aumentare a dismisura i giorni di apertura di ogni Centro commerciale; di creare concorrenza letale nei confronti dei piccoli e medi operatori; di produrre una certa pressione nei confronti dei dipendenti delle catene di distribuzione i cui contratti, ultimamente, prevedono sempre clausole individuali in deroga ai contratti collettivi e alla legge, e in questi contratti si richiede, pena la non assunzione, la disponibilità a lavorare nei dì di festa e anche la notte. Apposta la firma, si trova il lavoro, ma si è persa la vita privata. L’esagerazione deve essere consentita, dal momento che il lavoratore che “entra in questo tunnel” difficilmente riuscirà a combinare i propri tempi con quelli della famiglia, a maggior ragione se anche il partner lavora nello stesso settore».

«Così, l’Italia è diventata più economicamente “libertina” non solo della patria del liberismo, la Gran Bretagna, ma anche della Germania, Francia, Spagna, Grecia a Portogallo, tanto da far scattare i vincoli del Parlamento, dove è in discussione un disegno di legge restrittivo che impone la chiusura per almeno 12 giorni l’anno. Bergamo, dopo Monti e il suo decreto, ha subito seguito la strada della deregulation, dietro il colosso OrioCenter, dilatando gli orari di apertura, le superfici di vendita nell’ordine del 27% in cinque anni, ma lasciando l’occupazione del settore quasi ferma. Addirittura, il saldo tra il primo trimestre di quest’anno e lo stesso periodo del 2014 è negativo per il 2%».

«Nello scorso anno, il volume d’affari complessivo è calato dell’1,1%. La differenza nelle assunzioni tra 2013 e 2014 parla di 300 persone in meno. Ma, soprattutto, i dati dicono che, sempre parlando di giro d’affari complessivo del commercio (alimentare, non alimentare e non specializzato), dal 2008 il segno è sempre stato negativo nei vari trimestri rispetto all’anno precedente, eccezion fatta per il quarto trimestre 2013, dove c’è stato un progresso del 1.1%. Nell’alimentare, se possibile, le cose sono andate peggio (-3.0%)»

«Questo – dichiara Alberto Citerio, segretario generale di FIisascat Cisl Bergamo –smentisce ogni idea di Bergamo come isola felice del commercio. E soprattutto bolla l’iniziativa del “sempre aperto” come inutile a contrastare gli altri effetti della crisi che ha colpito queste latitudini. L’Italia è rimasto l’unico Paese europeo ove esiste una totale “anarchia” in tema di giornate e orari di apertura degli esercizi commerciali. Chiudere i negozi nelle giornate festive più importanti è segno di civiltà. L’apertura dei negozi 365 giorni l’anno ha causato la chiusura di molti piccoli negozi e la perdita di migliaia di posti di lavoro, altro che aumento delle assunzioni, come dichiarato da alcune associazioni datoriali».

«La nuova legge, ormai in fase di approvazione definitiva al Senato (dopo il voto favorevole della Camera), sulla chiusura obbligatoria dei negozi e delle attività commerciali nei giorni festivi sta creando non poche polemiche tra la grande distribuzione, che vorrebbe continuare a tenere aperto tutti i giorni dell’anno e gli esercizi cosiddetti di “vicinato” che, in sintonia con la stragrande maggioranza dei lavoratori, vorrebbe la chiusura per almeno tutti i 12 festivi (Capodanno, Epifania, 25 aprile, Pasqua e Pasquetta, Primo maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre 8 dicembre, Natale e Santo Stefano)»

«Guardiamo con favore a questa normativa – dice ancora Citerio -, che va nella direzione che la Fisascat ha intrapreso con la raccolta firme “Liberala Domenica” avviata insieme a Confesercenti e Cei. A Bergamo, inoltre, vorremmo tentare la strada della “riforma culturale”. Insieme alle associazioni di categoria che dichiareranno la propria intenzione di appoggiarci, intendiamo valutare ogni strada percorribile. Nella legge in discussione pare che sarà data la possibilità al singolo operatore di derogare a 6 delle 12 festività. Equivarrebbe incitare a fare concorrenza su chi sceglie la festività più appetitosa per aprire. Questa cosa non l’accettiamo. Eventuali deroghe devono essere discusse sul territorio tra sindacati, associazioni di categoria e istituzioni e devono essere vincolanti per tutti gli esercizi commerciali. Solo così riusciremo a tutelare la vita dei lavoratori, ricreando una sorta di concorrenza leale e virtuosa che possa ridare tessuti commerciali nuovi e di qualità anche nei paesi, e non creare solo cattedrali nel deserto, pronte a chiudere quando un centro più grande si apre a poca distanza».

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