Ma sai che pesce stai mangiando?
L’Ue dichiara guerra alle false etichette

Un halibut al posto di una sogliola o un pangasio invece di una cernia: per la stragrande maggioranza dei consumatori, incapaci di riconoscere la differenza, l’inganno a tavola è un rischio concreto.

Tanto da mobilitare gli eurodeputati, che hanno deciso di dichiarare guerra alle false etichette sul pesce che viene offerto in ristoranti o negozi, con una risoluzione «ad hoc» che chiede innanzitutto l’introduzione di «un sistema di tracciabilità forte per tutti i prodotti ittici».

Una potenziale frode nel piatto non è certo una novità anche per i consumatori di piatti pronti, che in Gran Bretagna ancora ricordano lo scandalo delle lasagna Findus alla carne di cavallo. Per questo l’Assemblea di Strasburgo ha rivolto anche un nuovo appello alla Commissione europea per un ampliamento dell’etichetta di origine obbligatoria per latte, burro, formaggi e yogurt, oltre che per tutti i prodotti a base di carne.

Contro le etichette «infedeli» del pesce, «un sistema di tracciabilità, dalla barca al piatto, non è solo necessario per tutelare i consumatori, ma è cruciale per garantire la sostenibilità delle nostre politiche sulla pesca in Europa, in particolare per prevenire l’ingresso sul mercato di pesce fuorilegge o non sicuro», afferma Lasse Gustavsson, direttore esecutivo della ong di protezione del mare Oceana.

Secondo Coldiretti Impresapesca, la frode è in agguato in un Paese come l’Italia, dove più di due pesci su tre provengono dall’estero. «Tra i trucchi nel piatto più diffusi in Italia - continua Coldiretti - c’è anche il polpo del Vietnam spacciato per nostrano».

Getta acqua sul fuoco il commissario europeo alla Pesca, Karmenu Vella, ricordando i controlli condotti di recente in 29 Paesi europei, riscontrando il 6% di irregolarità. «La situazione nell’Ue non è allarmante e il consumatore non dovrebbe essere portato a ritenere il contrario» ha detto Vella, annunciando a breve uno studio di fattibilità su un sistema di «eco-etichettatura» per prodotti di pesca e acquacoltura.

Quanto all’indicazione di origine per latte, yogurt, burro, formaggi e prodotti a base di carne, si tratta di un «obbligo fondamentale per garantire trasparenza e tracciabilità, e per riconquistare la fiducia dei consumatori» ha spiegato il presidente della Commissione ambiente, salute e sicurezza alimentare, Giovanni La Via (Ap/Ppe).

«La volontà dei cittadini europei di conoscere l’origine è chiara e legittima» ha commentato il capogruppo S&D in Commissione agricoltura, Paolo de Castro (Pd). Fra le richieste dell’Europarlamento, anche quella di valutare l’obbligo di origine anche per prodotti «monoingrediente», come passata di pomodoro, zucchero o riso, o prodotti con un ingrediente prevalente.

Ferma la posizione del commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis, per il quale «l’etichettatura volontaria rimane la soluzione migliore». Esiste comunque «la possibilità per gli Stati membri di richiedere l’etichettatura obbligatoria per specifiche categorie di alimenti, se giustificata», ha ribadito il commissario Ue alla Salute. Francia e Lituania hanno già notificato la loro richiesta.

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