Cronaca / Bergamo Città
Domenica 02 Marzo 2014
L’omelia del cardinale Sodano:
la Chiesa genera sempre nuovi santi
Angelo Sodano
«Fratelli e sorelle nel Signore, con questo saluto tradizionale nelle nostre comunità cristiane vi saluto tutti di cuore, incominciando dal neo cardinale Loris Capovilla e dai confratelli nell’episcopato e nel presbiterato»
Angelo Sodano
Decano del Collegio cardinalizio
Fratelli e sorelle nel Signore, con questo saluto tradizionale nelle nostre comunità cristiane vi saluto tutti di cuore, incominciando dal neo cardinale Loris Capovilla e dai confratelli nell’episcopato e nel presbiterato. Il saluto si estende poi alle vostre autorità e ad ognuno di voi che siete accorsi a quest’incontro di preghiera. Insieme ringrazieremo il Signore per tutti i doni che egli continuamente ci elargisce ed insieme invocheremo il Signore perché continui a benedire questa cara comunità di Sotto il Monte
Da parte mia vi dico che sono venuto fra voi con grande gioia, per i vincoli che mi uniscono al neo cardinale Loris Capovilla ed a tutta la vostra comunità. Prima di questa celebrazione eucaristica ho avuto l’onore di trasmettere, a nome del Papa Francesco, le insegne della dignità cardinalizia al vostro caro concittadino.
Con voi ho gioito nel veder riconosciuti anche pubblicamente dal Successore di Pietro i grandi meriti del vostro caro cardinale ed ora con voi pregherò il Signore che ce lo conservi a lungo, ad edificazione di tutta la Santa Chiesa. Miei fratelli, due messaggi giungono a noi da questa celebrazione eucaristica. Il primo messaggio proviene dal rito che or ora abbiamo celebrato ed il secondo ce lo offre la Parola di Dio che è stata proclamata in questa domenica. Il primo messaggio è quello di un grande amore alla Chiesa nostra Madre.
È il messaggio che ci viene dalla cerimonia di investitura di un cardinale. Vi scorgiamo un aspetto importante della vita della Chiesa, della sua costituzione, della sua storia, della sua presenza nel mondo. Noi vi vediamo un aspetto della continuità della Chiesa nel corso dei secoli, della sua unità intorno al Successore di Pietro come della sua universalità.
In queste occasioni noi sentiamo di dover ripetere, con più forza ancora, le parole del Simbolo apostolico: «Credo la Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica». Anzi, noi sentiamo di dover amare ancor più questa Chiesa, di cui siamo figli. È una Chiesa che sa sempre generare nuovi Santi, come ha fatto con il Papa Giovanni XXIII. È una Chiesa che lungi dal ripiegarsi su se stessa, guarda con amore materno agli uomini d’oggi, in modo accogliente e sereno. Ancor oggi questa nostra Chiesa porta molti suoi figli al traguardo della santità, anche della santità eroica. È quanto cantava il nostro grande Alessandro Manzoni nel suo Inno dedicato alla Pentecoste, per celebrare la potenza santificatrice dello Spirito Santo nella Chiesa di Cristo. Pensando a questa Chiesa egli esclamava: «Madre dei Santi immagine della città superna, del Sangue incorruttibile conservatrice eterna, tu che da tanti secoli soffri, combatti e preghi, che le tue tende spieghi dall’uno all’altro mar».
È quindi logico che a questa Madre vada tutto l’amore dei suoi figli. Al riguardo scriveva il grande teologo Henry de Lubac S.J. nel suo libro «Meditazione sulla Chiesa»: «La Chiesa ha rapito il cuore del cattolico. Essa è “sua Madre ed i suoi fratelli”. Nulla di ciò che la tocca lascia indifferente un cattolico, Egli si radica in essa, si forma a sua immagine, s’inserisce nella sua esperienza, si sente ricco delle sue ricchezze. Egli ha coscienza di partecipare, per mezzo di essa e di essa sola, alla stabilità di Dio. Dalla Chiesa impara a vivere ed a morire. Non la giudica, ma si lascia giudicare da lei. Accetta con gioia di sacrificare tutto alla sua unità...».
Certo c’è una Chiesa che ha sempre bisogno di purificazione, per usare un termine usato dal Concilio Ecumenico Vaticano II (Lumen Gentium n. 8). Anzi, si può dire che c’è anche una Chiesa da riformare per usare un altro termine del Concilio («Unitatis redintegratio n. 6»). Ma v’è soprattutto una Chiesa da amare. Citando il testo latino, potremmo dire che c’è certamente una Chiesa «semper purificanda», anzi una Chiesa «semper reformanda», ma c’è soprattutto una Chiesa «semper amanda».
Nei giardini vaticani v’è una statua di Santa Teresa di Gesù Bambino, che il nostro caro cardinale Capovilla avrà visto tante volte. Sul piedistallo della statua v’è una parola della Santa: «Amo la Chiesa mia madre». La frase esatta è in francese: «J’aime l’Église ma mère»! Sia così per tutti noi!
Il Vangelo di questa Messa vespertina costituisce un secondo messaggio per tutti noi. È un passo importante del celebre Discorso della montagna, tramandatoci dall’Evangelista San Matteo (Mt 6, 24-34). È un invito alla fiducia nella Provvidenza divina. Ci dice, infatti, Gesù: «Il Padre vostro celeste sa ciò di cui avete bisogno»! Quante volte il grande Papa Giovanni XXIII avrà ripetuto queste parole! Quante volte il nostro caro cardinal Capovilla ve le avrà ripetute con quel calore di Padre e Pastore che gli è proprio.
È l’invito di sempre che ci rivolge la Chiesa, nostra madre e maestra. Sovente siamo tentati dallo scoraggiamento nel vedere tante miserie umane nei tempi moderni. La Chiesa però ci ripete che i tempi siamo noi e come saremo noi così saranno i nostri tempi. Ancor oggi Gesù ci ripete quanto disse ai suoi Apostoli durante la tempesta sul lago di Tiberiade: «Sono io, non temete» (Lc 24, 36). Ancor oggi è valido il monito dell’Apostolo San Giovanni ai primi cristiani: «Questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede» (1 Giov, V). Questo è il messaggio che ora dirige alla Chiesa intera il Papa Francesco, con il suo luminoso magistero dalla Cattedra di Pietro.
Cari parrocchiani di Sotto il Monte e cari pellegrini! Queste sono le parole che mi sono sgorgate dal cuore in quest’incontro con voi. Queste sono le parole che il Papa Giovanni XXIII ha fatto risuonare tante volte in questa vostra bella Chiesa e che sovente avrete ascoltato dal vostro caro cardinale Loris Capovilla!
In realtà, è l’eco del messaggio che Gesù ancor oggi rivolge a tutti i suoi discepoli: «Confidate, io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33). Queste parole vi sostengano sempre nel vostro cammino. E così sia!
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