Le donazioni all’ospedale:
sono quattro milioni in tre anni

Lasciti testamentari, quadri, mobilio e perfino bomboniere di nozze solidali. Il cuore dei bergamaschi da sempre dimostra la sua bontà anche con donazioni a favore dell’ospedale cittadino: il Maggiore prima, i Riuniti poi, il Papa Giovanni XXIII ora.

In passato bastava visitare la Casa Rossa di Largo Barozzi per ammirare tele e oggetti che i benefattori lasciavano a memoria dei propri gesti. Ai giorni d’oggi è cambiata la modalità, ma non la grandezza di questa generosità. Perché l’ospedale cittadino è considerato da tutti un po’ come casa, un pezzo di famiglia tanto da dargli il proprio sostegno. E guardando i dati, non è solo teoria.

Nel 2010 quando ancora si trovavano nel quartiere di Santa Lucia, i Riuniti ricevettero qualcosa come un milione e mezzo, per la precisione 1.559.000 euro. E l’anno successivo 1.188.000 euro. Solo nel 2012 la cifra è scesa a 955.000 euro, ma non la bontà che è rimasta invariata.

Perché l’abbassamento del dato è soltanto per ragioni contabili: nella voce «Proventi da donazioni e liberalità diverse» del conto economico non vengono più conteggiate le attrezzature che confluiscono, invece, in altre sezioni. Dunque, quasi 4 milioni in tre anni, che rendono i bergamaschi e la provincia un caso eccezionale.

Come conferma Carlo Nicora, direttore generale del Papa Giovanni XXIII. «Il territorio orobico è una realtà unica - dice -. Se si dovesse fare una statistica, sono certo che sarebbe la prima provincia in Lombardia per generosità. Me ne sono reso conto appena arrivato a Bergamo».

Ma fra le donazioni storiche non si può non ricordare quella dei coniugi Tito e Fanny Legrenzi, grazie alla quale negli anni Settanta l’allora ospedale Maggiore potè dotarsi di un padiglione (intitolato appunto al commendator Legrenzi) dove trovarono sede il reparto di cardiologia e terapia intensiva, e di una serie di strumentazioni all’avanguardia tra le quali quelle per Tac e risonanza magnetica.

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