Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 29 Gennaio 2014
L’addio a Parenzan sulla «Rete»
Sul Web il grazie dei «bambini blu»
di Fabiana Tinaglia
La Rete collega le emozioni, i sentimenti di chi è lontano ma che riesce a restare unito da un ricordo, un affetto. La scomparsa di Lucio Parenzan ha riportato alla luce sensazioni sopite ma ben radicate di famiglie intere, di vite che sono state in bilico.
La Rete collega le emozioni, i sentimenti di chi è lontano ma che riesce a restare unito da un ricordo, un affetto. La scomparsa di Lucio Parenzan ha riportato alla luce sensazioni sopite, ma ben radicate, di famiglie intere, di vite che sono state in bilico. È bastata una notizia lanciata sul sito web de L’Eco di Bergamo, come quella della scomparsa del professor Parenzan, per creare all’istante una comunità virtuale composta da persone tra loro sconosciute ma accomunate dalla loro vicinanza al medico, ma soprattutto all’uomo che salvò i «bambini blu».
E sono proprio loro, in punta di piedi, ad essersi raccontati attraverso il sito web e i social network, Facebook in primis. «Sono una delle bambine blu – scrive Corinne -. Sono stata operata dal professore nel lontano 1979 all’età di 5 anni: grazie a lui ho avuto una vita normale e ho avuto due bambine sane. Grazie per quello che hai fatto per noi». Poi un’altra donna: «Anch’io sono una “ex bambina blu” – scrive la lettrice -. Ai miei genitori il dott. Parenzan consigliò di portarmi in Belgio, poichè le mie condizioni fisiche avevano consentito di ritardare l’intervento a sei anni compiuti. Devo dire grazie a lui e ai suoi consigli, se sono ancora viva. Ciao dottore, buon viaggio!». Da Lambrate scrive Chiara Traversi: «Qualche anno fa un collega di lavoro si trovava nella difficilissima situazione di dover ecidere insieme a sua moglie se portare avanti la gravidanza di un bimbo con gravissime malformazioni cardiache. Il bambino avrebbe avuto qualche possibilità di sopravvivere o sarebbe stato destinato a sofferenze, per poi morire nel giro di poco tempo - racconta in un messaggio in facebook -. Quando il collega mi confidò il suo dolore pensai subito a Parenzan: chiamai il figlio Guido e dopo poche ore il professore aveva organizzato un consulto per il giorno dopo. A 86 anni, in vacanza, la sua priorità era ancora una volta occuparsi di salvare un bambino. Il resto è storia. Il bimbo ora ha 4 ani, è stato più volte operato, ma sta bene. Bergamo perde un grande medico e un grande uomo».
Barbara, Elena, Luca, Elisa. Tanti nomi o nickname: davanti a un pc per ricordare giorni di paura, di una vita «appesa a un lumicino» scrive qualcuno, a una speranza. «Sei una persona indimenticabile» scrivono in molti, «Speriamo che Bergamo ti ricordi con i giusti onori» sottolineano altri. Ma poi ancora Tamara: «Mia mamma ebbe l’onore di lavorare con lui. Un augurio che le nuove generazioni di medici abbiano la sua stessa passione e impegno nel salvare e celebrare la vita». «Celebrare la vita», una definizione che è ancora più acuta di «salvare la vita».
Il professore viene descritto nei tanti messaggi che costellano il Web come un «grande uomo», «una persona molto umile come i bambini che ha operato». E l’emozione corre semplice, sincera, nelle parole di Roberto Agazzi: «Sono nato il 2 marzo 1971 e se ora sono qui a scrivere è grazie proprio al professore che mi ha operato subito alla nascita. Gli sarò per sempre grato per quanto ha fatto».
Perchè quello che più ricorre in questi brevi messaggi è il rispetto per un uomo integerrimo e dedito ai suoi bambini. Che sono diventati uomini. «Lui ha dato la gioia ai bambini di essere “normali”: di diventare uomini e donne, padri e madri» scrive Marco Ceroni. Parenzan ha restituito loro una vita, eliminando ombre, sconfiggendo quel senso di precarietà e paura. Il dottore ha preso i suoi bambini per mano. Ha rassicurato famiglie. Ha sorriso a quegli occhi grandi che lo guardavano incerti. Lui li ha curati.
E i ricordi corrono veloci sulla Rete: ci sono persone che con lui hanno lavorato, suoi stretti collaboratori, semplici ausiliari dell’ospedale, famiglie disperate che in lui hanno trovato risposte. Ci sono persino volontari dei vecchi Ospedali Riuniti che scrivono il loro ricordo: «Era il 2003: ci incontrò mentre stavamo svolgendo un corso come volontari ospedalieri: venne a parlarci, si congratulò con noi, non dimenticherò le sue parole e il suo carisma». Mai scontato, una «persona umile e rispettosa»: «Ho avuto la fortuna di frequentare la famiglia Parenzan e, nonostante le mie origini contadine e i miei studi elementari,sapeva usare parole semplici e chiare con molta franchezza e semplicità,mai facendo pesare la mia ignoranza sia da parte sua che dalla famiglia» racconta Adele, mentre una delle sue piccole pazienti ora cresciute saluta il suo dottore: «Nel 1975 ero una delle tante “bambine blu” con nessuna speranza di vita: tu invece non ti sei arreso e contro tutto e tutti hai provato a salvarmi e hai fatto il miracolo. Oggi sono mamma e moglie ho avuto una vita fantastica: devo tutto a te. Per me è morto un padre, che mai dimenticherò».
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