Quanto dovrà ancora attendere la grandezza di Manzù per essere compresa nella sua città? Inutile dire quanto mi addolori che proprio il liceo artistico di Bergamo si opponga alla scelta del nome di Manzù, quasi che un artista di riconoscimenti nazionali e internazionali sin dalle prime sue opere abbia bisogno di dimostrare quello che le sue opere dicono e che i più grandi critici d’arte riconoscono, e cioè che Manzù, rifacendosi alla fonte inesauribile della tradizione, si pone su un piano di modernità e di attualità che va oltre le più avanzate realizzazioni dell’arte contemporanea. Non temano insegnanti e studenti che il loro liceo artistico cada nel provincialismo fregiandosi del nome di Manzù. Sono già essi dei provinciali a non comprendere come si possa essere antichi e moderni, ben oltre le effimere avanguardie. Quel che accresce il mio dolore è che sul tavolo della discussione si potrebbe accogliere il nome di Manzù solo se abbinato a quello di Pio, quasi che l’arte di Manzù non basti a se stessa. È una vergogna così grande che, ringraziando dal profondo del cuore il presidente Valerio Bettoni per la proposta, siamo noi oggi a non volere che il nome di Manzù onori questa scuola. Ci spiace molto per gli studenti che denotano di conoscere poco la storia dell’arte. Ci dispiace ancor di più che abbiamo professori che li indirizzano in tal senso. Del resto questi sono i tempi. Invano Manzù fu controcorrente. Ringrazio anche «L’Eco» per l’articolo di Marco Dell’Oro. Pur senza lo sdegno necessario all’offesa fatta a Manzù (dal bellissimo nome bergamasco ripido ed aguzzo), ne rivendica la bellezza dell’arte, i meriti, i riconoscimenti. E a ben guardare anche la necessità di una giustificazione è di per se stessa umiliante e dolorosa. Temere il provincialismo per il nome di Manzù è così assurdo. È come se i fiorentini temessero il provincialismo nell’intitolare a Dante un loro liceo. Inge Manzù moglie dello scultore(05/12/2008)
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