La Fondazione Mia compie 750 anni
Un video racconta la storia e l’impegno

Il vescovo Francesco Beschi ha aperto il ciclo di incontri della Fondazione. Alla prima delle 5 conferenze è stato proiettato anche un filmato con alcuni luoghi storici dell’attività della Misericordia Maggiore nel campo culturale, artistico e assistenziale.

«Attraverso l’esercizio delle opere di misericordia, ci si educa a una visione misericordiosa della vita. Queste opere non necessitano sempre di una particolare organizzazione e possono essere praticate da chiunque, anche da chi è povero. È importante però non restare da soli, ma cercare attorno a sé uomini, donne e istituzioni che insieme possano costituire una “rete di misericordia”». Così si è espresso il vescovo Francesco Beschi, venerdì 10 aprile, in qualità di relatore della prima di cinque conferenze sulla virtù religiosa e civile della «misericordia». Il ciclo di incontri, tutti a ingresso libero e gratuito, è stato promosso dalla Fondazione Mia per celebrare i 750 anni di vita della Misericordia Maggiore di Bergamo, fondata nel 1265.

Ieri, dopo un’esecuzione di brani musicali da parte del gruppo ottoni del Conservatorio, Corrado Benigni, consigliere della fondazione con delega alla cultura, ha ricordato come «la Misericordia Maggiore da sette secoli e mezzo continui a ricoprire un ruolo fondamentale per il capoluogo e per l’intero territorio bergamasco»; da parte sua, il presidente della fondazione Mia, Fabio Bombardieri, si è soffermato sul trecentesco «Albero della Vita» dipinto sulla parete meridionale del transetto di Santa Maria Maggiore, basilica di cui la Mia è titolare: «Nei giorni scorsi – ha detto Bombardieri – è stata rimossa per essere restaurata una tela di Pietro Liberi che nascondeva una parte dell’affresco. Da più parti ci è stato chiesto che l’Albero della Vita rimanga stabilmente visibile per intero: cercheremo di trovare una soluzione in questo senso».

A seguire, è stato anche proiettato un breve filmato, prodotto da Stefano Ferrari per Moma Comunicazione, in cui si mostrano – con l’accompagnamento di musiche – alcuni luoghi storici dell’attività della Misericordia Maggiore nel campo culturale, artistico e assistenziale, dalla stessa Santa Maria Maggiore alla Sala Piatti, alle cascine della Bassa Bergamasca. Nella sua relazione, che aveva per titolo «La misericordia nel cuore della comunità», monsignor Beschi ha sottolineato la grande tradizione nel settore caritativo della diocesi di Bergamo: «Si sono censite, recentemente, 363 opere e servizi a livello diocesano, nell’area sanitaria e in quella socioassistenziale; i destinatari di tali attività sono in particolare gli anziani e i minori, ma sta aumentando il numero di servizi orientati sugli adulti e sulle famiglie». «Tuttavia – ha aggiunto monsignor Beschi -, in quest’ambito le cifre valgono solo in quanto rimandano a dei volti; la misericordia ha bisogno di mani che agiscano, ma anche di sguardi che sappiano vedere: come ci ricorda Papa Francesco, che da poco ha indetto un giubileo straordinario sul tema della misericordia, non si può fare l’elemosina a una persona senza guardarla negli occhi».

Nella seconda parte del suo discorso, il vescovo ha ricordato «come la misericordia costituisca un tratto essenziale del volto del Dio della Bibbia. Da questo punto di vista, senza minimizzare le differenze tra le rispettive fedi, i cristiani potrebbero trovare un punto di incontro e dialogo con i musulmani, per cui Dio è innanzitutto “clemente e misericordioso”. È un aspetto che va ricordato, oggi, anche a fronte di una deriva che pure sembra caratterizzare una parte del mondo islamico».

Ricordiamo che nel secondo incontro della serie, giovedì 16 aprile (nella stessa sede, con inizio alle 20,45), il filosofo Carlo Sini affronterà il tema «Figure della carità: la misericordia».

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