Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 15 Ottobre 2014
La difesa Bossetti gioca la sua carta:
vizi procedurali, relazione dei Ris nulla
Riempie a fatica i jeans e la felpa azzurra, dimagrito com’è, quando varca da un accesso secondario la soglia di un palazzo di giustizia blindato per l’occasione.
Massimo Bossetti ha rivisto la luce del sole per la prima volta, martedì mattina 14 ottobre, dopo quasi quattro mesi di isolamento. Ha potuto lasciare le quattro mura del carcere di via Gleno, ma - almeno per il momento - solo per essere scortato in manette dalla polizia penitenziaria fino all’aula del Tribunale della libertà di Brescia.
Qui si è discusso il ricorso in appello contro il rigetto da parte del gip del Tribunale di Bergamo, Ezia Maccora, dell’istanza di scarcerazione presentata dalla difesa del muratore accusato del delitto di Yara. La difesa ha giocato sull’effetto sorpresa tenendo in serbo proprio per l’udienza il proprio presunto asso nella manica. «La relazione dei Ris di Parma, quella in cui si dà conto dell’estrazione del Dna di ignoto 1 (poi risultato di Bossetti, ndr) è da dichiararsi nulla».
Ma perché il lavoro dei Ris dovrebbe ritenersi non utilizzabile? Si è appreso che i difensori hanno chiesto al collegio giudicante di acquisire l’ordinanza con cui il gip Ezia Maccora, il 22 febbraio 2013, archiviò l’accusa di omicidio per Mohammed Fikri. In quell’ordinanza il gip pose l’accento su quelli che, oggi, per la difesa di Bossetti vanno intesi come vizi procedurali compiuti dalla Procura. Primo fra tutti: quando incaricò i Ris di Parma di analizzare gli indumenti di Yara, il pm Ruggeri non avvisò l’indagato di allora, Mohammed Fikri, che avrebbe avuto diritto di prendere parte alle analisi con un proprio consulente.
Diametralmente opposta la lettura dell’accusa: il fascicolo contro Fikri era già stato stralciato e avviato verso l’archiviazione, mentre la relazione dei Ris è confluita nell’indagine contro ignoti per l’omicidio di Yara e quindi è utilizzabile oggi contro Bossetti.
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